Oggi ricorre la giornata mondiale dell’endometriosi, una malattia altamente invalidante caratterizzata dalla presenza di endometrio in organi differenti dall’utero o in porzioni anomale dello stesso, come ovaie e tube di Falloppio.

Spesso, la cura di questa patologia, fortemente diffusa, rappresenta un vero e proprio calvario per le tante pazienti che ne sono colpite: la testimonianza di una di esse, per Amalfinotizie, è emblematica in tal senso, e spinge ancor di più a sensibilizzare la collettività su questa particolare situazione.

Si tratta, tuttavia, di un problema gestibile, se ben affrontato, specie con il supporto di associazioni che possono dare un contributo davvero importante alle donne affette da questa malattia. 

Il mio calvario inizia nel 2014 con la diagnosi di Endometriosi – spiega una paziente che preferisce restare nell’anonimato – Purtroppo mi sono affidata a medici che mi hanno consigliata male, e questo ha aggravato ancor più la mia situazione“.

Spesso, infatti, diagnosi errate o terapie scorrette pregiudicano ulteriormente le condizioni cliniche dei pazienti.

Di lì – ha spiegato la donna – inizio ad assumere il Dienogest, da 2mg, e le cose, almeno inizialmente, andavano meglio. In seguito sono sempre stata “visitata” in modo classico, senza andare mai oltre con le domande da quei medici che si fanno chiamare professori, ma soltanto in base al loro onorario“.

Molti professionisti interpellati dalla donna, infatti, avrebbero assunto posizioni riduzionistiche nei confronti della problematica, banalizzando l’endometriosi ad un semplice problema di peso in eccesso, invitandola a sospendere l’assunzione della pillola.

Il decorso

La situazione, però, nonostante la terapia, non migliorava. Anzi, al contrario, precipitava sempre più.

Ogni anno mi controllavo perché le cose non quadravano: i dolori e le contrazioni pre e post ciclo mestruale, infatti, continuavano imperterriti, così come il flusso abbondante e.. tanta stanchezza – prosegue il racconto della paziente, che, tuttavia, riceveva dai medici risposte spesso poco confortanti e riduttiveAndò così ogni anno fino al 2018-2019, poi le cose si aggravarono, il flusso aumentò ulteriormente, emoglobina e ferro si abbassarono. Conseguenza di tutto ciò fu l’ennesimo controllo”.

Visita, quest’ultima, nella quale un nuovo professionista, più competente, individuò la presenza di una formazione di circa 7-8 centimetri, ennesima spia di una patologia finora sottovalutata.

Il nuovo luminare interpellato suggerì, in ogni caso, alla donna di non operarsi, ma di riprendere ad assumere il farmaco per almeno tre anni, smentendo, così, i consulti precedenti.

“Nel corso dei tre anni la formazione crebbe – prosegue il racconto della donna – finquando nell’ottobre 2022 mi viene detto che posso sospendere la cura e iniziare a concepire. Peccato, però che i sanguinamenti erano continuati, così come le dolorosissime contrazioni uterine”.

Continuavano a peggiorare anche i valori ematici, inclusi emoglobina e ferro: “Non riuscivo nemmeno a salire più le scale“, ha aggiunto la paziente.

La storia della paziente si è risolta quando ha interpellato l’associazione “La voce di una è la voce di tutte“: un’organizzazione di volontariato che ha lo scopo di rompere il silenzio su questa problematica.

Su consiglio delle ragazze di quest’importante realtà, la donna è stata operata al Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, in Valpolicella, contrastando in maniera decisamente più efficace la patologia.

Rivolgersi ad una realtà finalizzata a sostenere le donne affette da questa malattia ha rappresentato, per questa paziente del nostro territorio, la sua salvezza: se diffusa, questa buona pratica potrà certamente favorire la prognosi di tante donne.