L’ostello della gioventù “Ave Gratia Plena” di Salerno, chiuso da quasi un anno e mezzo, torna al centro del dibattito pubblico nel capoluogo.

La struttura è di proprietà del Comune: alla vigilia della stagione estiva non è ancora fruibile.

Mentre si attende la pubblicazione di un nuovo bando per il suo affidamento – il precedente, nel 2022, andò deserto – il consigliere comunale di opposizione Donato Pessolano, del gruppo Oltre, ha, infatti, chiesto di creare le condizioni (migliori) per riaprire nei tempi minori possibili la struttura.

Anche quest’estate Salerno non avrà il suo ostello della gioventù. Occorre rimuovere gli ostacoli di natura economica e burocratica per velocizzare la sua riapertura nei tempi minori possibili“, ha commentato sul punto Donato Pessolano.

La città non può più attendere invano la riapertura di un suo storico punto di riferimento nel turismo, soprattutto giovanile – ha proseguito – Sarebbe vergognoso continuare a tener chiuso l’Ave Gratia Plena in una città che i suoi amministratori definiscono a vocazione europea“.

La vicenda

L’ostello per la Gioventù a Salerno era originariamente collocato a Torrione, all’inizio del Lungomare Marconi: il vecchio edificio, sito direttamente sulla spiaggia, è oggi in stato di abbandono e degrado.

In seguito a ospitare la struttura ricettiva è stato l’ex convento Ave Gratia Plena.

L’ostello fu affidato per ben diciotto anni alla stessa società. 

Chiuso dal 2021, una volta scaduta la concessione, lo scorso anno il municipio salernitano indisse una procedura ad evidenza pubblica per affidare in locazione la struttura per nuove anni, rinnovabili e riservandosi la possibilità di utilizzare il cortile interno per almeno 30 giorni all’anno con lo scopo di compiere eventi e iniziative proprie o patrocinate.

Il bando, pubblicato la scorsa primavera, andò deserto a luglio.

Nemmeno la proroga dei termini, fino alla fine dello scorso ottobre, ha reso i suoi frutti.

Sull’assenza di concorrenti hanno inciso l’ampia superficie dell’ostello, la necessità di effettuare lavori di ristrutturazione a spese dell’affidatario (stimati, lo scorso anno, in circa 250mila euro), il sostenimento di ingenti canoni di locazione.