Continua a farsi sentire, in Costiera Amalfitana, il problema del mal secco.
Si tratta di una malattia vascolare tipica degli agrumi che si insedia, mediante spore, nei vasi che trasportano la linfa della pianta e, attualmente, è presente in tutti i paesi agrumicoli del Mediterraneo e del Mar Nero.
A trasportare le spore che causano quella che è una vera e propria patologia delle colture agrumicole sono le attività umane, che ne hanno consentito la diffusione da un continente all’altro. Tuttavia, vento ed abbandono dei terreni – purtroppo crescente nella Divina – giocano un ruolo importante, specie nella diffusione del mal secco a livello locale, tra un terrazzamento e l’altro.
Non sono pochi i casi di colture che, periodicamente, sono messe in ginocchio dal mal secco: gli antidoti alla malattia sono, purtroppo, abbastanza “radicali” e non è facile estirpare la presenza della spora.
“Le piante non sono spesso forti da poter resistere – commenta il limonicoltore Salvatore Aceto – Le spore possono in qualche caso addirittura insinuarsi nelle piante e comprometterne la stessa sopravvivenza. Una volta il vento era purificatore, ma oggi, con la globalizzazione e l’inquinamento crescente, non è più così. Mentre in passato il vento sistemava e purificava, mentre oggi lo vediamo come un pericolo, proprio come per quanto riguarda il rischio di incendi. In vallate come quelle che ci sono in Costiera spesso ci sono piante secche che possono divenire foriere di infezioni per i terreni coltivati“.
Un antidoto tradizionale al mal secco è rappresentato dagli “abbruciamenti“, ovvero dai roghi controllati di sterpaglie. Che, tuttavia, specie durante la stagione turistica, sono disciplinati in quanto particolarmente impattanti sulla qualità dell’aria nei comuni della fascia costiera.
“I roghi controllati sono stati limitati ma purtroppo sono salutari – continua Aceto – Avendo una massa informe di turisti e persone che albergano vicino i terreni, spesso risulta complesso consentire questo fenomeno. Ma di certo occorre far sì che questa malattia diventi endemica o venga, in qualche modo, addomesticata essendo difficile debellarla“.
Eradicare completamente il malsecco, tuttavia, “non è una prospettiva possibile”: per questo motivo il coltivatore ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme, facendosi indirettamente portavoce della categoria.
“Soltanto quest’anno ho perso settanta piante e, di conseguenza quintali di limoni – ha concluso Aceto – Ma non mancano conseguenze negative anche sul paesaggio: le piante sono in molti casi secche, avvezzite, a differenza di quanto accadeva certamente fino a vent’anni fa quando i terrazzamenti di limoni che sorgevano lungo il territorio erano lussureggianti“.
La problematica del mal secco, che ha avuto ripercussioni particolarmente negative sulla produzione limonicola, non solo in Costa d’Amalfi, ma anche in Penisola Sorrentina, dove il limone è un prodotto identitario, è stata attenzionata anche dal Governo, che ha previsto finanziamenti complessivi per nove milioni di euro (tre per ogni anno) per fronteggiare (con non poche difficoltà) la malattia.
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