Cantano vittoria tassisti e titolari di autovetture a noleggio con conducente operanti nella città di Positano: la quinta sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Raffaello Sestini, e con Antonella Manzione, Ugo de Carlo, Massimo Santini e Diana Caminiti nel ruolo di consiglieri ha, infatti, accolto il ricorso in appello proposto dall’A.N.I.Tra.V, associazione nazionale imprese di trasporto viaggiatori, Consorzio Private Cars & Drivers Services, e del Consorzio Noleggiatori Italiani.

Pomo della discordia con l’ente municipale della città verticale era stata l’entrata in vigore della delibera di giunta comunale numero 44 del 14 Aprile 2016, con cui il Comune di Positano istituiva una zona a traffico limitato all’interno del territorio comunale per gli autoveicoli con più di cinque posti compreso il conducente, adibiti a servizio NCC e “intestati a soggetti non residenti e/o società non aventi sede legale nel Comune, prevedendo il pagamento di una tariffa per l’accesso dei veicoli suddetti nella zona ZTL e stabilendo il relativo importo, unitamente alle modalità di utilizzo del pass, con carattere sperimentale, in attesa di poter congruamente monitorare e verificare, per una adeguato arco temporale, la concreta entità degli attesi effetti deflattivi del traffico veicolare”.

Immediata fu la levata di scudi degli operatori di categoria, con la presentazione del ricorso al Tar che, con un’ordinanza del 14 Settembre dello stesso anno, a stagione turistica ancora in corso, aveva sospeso in via cautelare gli effetti della delibera di giunta istitutiva della Ztl “a pagamento” per tassisti e titolari di NCC. I giudici amministrativi salernitani, infatti, ritennero fosse fondato il motivo di ricorso concernente l’asserita violazione delle regole della concorrenza e della parità di trattamento.

Il Comune adottava, in seguito, la nuova delibera del 29 dicembre 2016 n. 178, con la quale procedeva ad instaurare la zona a traffico limitato per gli autoveicoli superiori a 5 posti, compreso il conducente, adibiti a NCC, “senza alcuna disparità in ordine alla ubicazione territoriale della sede e della residenza, onde evitare una qualsiasi differenza di trattamento ad al contempo garantire il pieno rispetto delle regole di concorrenza e libera circolazione”.

In seguito era stato presentato un ricorso per motivi aggiunti che era stato, poi, bocciato dal Tar. L’appello è stato accolto nel suo complesso: il primo ordine di censure era stato giudicato, però infondato, in quanto i Comuni “non sarebbero affatto incompetenti relativamente all’emanazione degli atti impugnati“, come rilevato dalle parti appellanti.

Tuttavia, sarebbero rimaste comunque le disparità di trattamento tra taxi ed Ncc, evidenziate anche nel ricorso di primo grado: “la nuova delibera – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato – ha eliminato la differenziazione fra residenti e non, e Taxi e Ncc differiscono quanto a modalità di accesso al mercato e in quanto il servizio di NCC non è soggetto ad obblighi di servizio pubblico, mentre il servizio di taxi rientra tra i servizi di trasporto pubblico locale, sia pure non di linea“.

E se, da un lato, è vero che Ncc e taxi svolgono servizi di differente natura, tuttavia, l’obbligo di pagare una tariffa sarebbe stato, comunque, da considerare inopportuno per i giudici amministrativi.

Tuttavia – prosegue, ancora, il dispositivo – sotto lo specifico profilo della ragionevolezza rispetto al duplice dichiarato obiettivo di decongestione del traffico e di riduzione dell’inquinamento, risulta irragionevole – e quindi non rispondente ai principi di proporzionalità adeguatezza e sussidiarietà- l’imposizione di un obbligo a una tipologia di operatori economici (NCC) qualora utilizzino veicoli (con più di cinque posti compreso il conducente, di qualunque dimensione e qualunque sia la motorizzazione e l’alimentazione) che non differiscono, quanto ad ingombro della sede stradale e quanto ad emissioni in atmosfera, dai veicoli impiegati per il servizio TAXI (oltreché per l’uso privato) che può indifferentemente utilizzare anche tale tipologia di veicoli, comunque non distinguibile né tecnicamente, né giuridicamente, da qualsiasi altro veicolo fino a cinque posti“.

La delibera avrebbe, dunque, concretizzato una “ingiustificata restrizione del principio di concorrenza“.