Ben prima che Raffaele Esposito a Napoli presentasse alla Regina di Savoia la celebre pizza Margherita nel 1889, a Tramonti, un piccolo borgo della Costiera Amalfitana, si consumava già la “pizza nera dei morti.”
Questa antica ricetta, nata nel Quattrocento, accompagnava i contadini durante la visita ai cimiteri per commemorare i defunti. Si trattava di una focaccia rustica, realizzata con farine di segale, miglio e orzo, ingredienti tipici della cucina povera della zona. Il colore scuro della pizza, simile al colore del lutto, si adattava perfettamente al significato simbolico di questa tradizione, destinata a durare secoli e a radicarsi nel territorio come una consuetudine locale.
La Veglia dei Defunti
A Tramonti, le donne preparavano in casa questa “pizza integrale” da portare con sé al cimitero, situato in alta montagna e distante dai centri abitati. La pizza veniva cotta in anticipo, spesso anche due giorni prima, perché si conservava perfettamente, rimanendo fragrante e fornendo un pasto completo per le lunghe veglie.
Durante il tardo Quattrocento, questa focaccia condita, che avrebbe in seguito dato vita alla moderna pizza, arrivò per la prima volta a Napoli. Questo fu possibile grazie ai privilegi concessi da Ferdinando I di Aragona agli abitanti di Tramonti, riconoscendo loro il supporto nella battaglia contro gli Angioini. La tradizione si diffuse, e dalla Costiera giunsero fino a Napoli prodotti locali come il pane biscottato e la “pizza nera.”
La Tradizione del 2 Novembre
Nel tempo, questa pizza si trasformò in una tradizione fondamentale per il 2 novembre, giorno dedicato alla commemorazione dei defunti. Fu uno storico panettiere di Tramonti, Mattiuccio Apicella, durante le due guerre mondiali, a lanciare un’idea innovativa: vendere le “pizze dei morti” lungo il sentiero che conduceva al cimitero. I dischi di impasto, piegati a “portafoglio” e racchiusi in carta spessa per preservare il condimento a base di pomodoro, aglio, origano e olio extravergine d’oliva, venivano trasportati in ceste di vimini.
Nelle varianti più ricche, vi era anche il lardo, mentre nei periodi di digiuno religioso il condimento includeva le acciughe salate di Cetara. La pizza diventò un rito di accompagnamento e ristoro per chi si incamminava verso il cimitero, trasformando la commemorazione in un momento di condivisione.
I Pizzaioli di Tramonti nel mondo
Oggi, il legame tra Tramonti e la pizza è più forte che mai. «Non possiamo pensare – spiega Vincenzo Savino presidente dell’Associazione “Pizza Tramonti” – al 2 novembre senza la pizza. E’ il sapore dell’autenticità ma soprattutto dei ricordi» al Corriere. È un sapore che racchiude autenticità e ricordi, ormai radicato nell’identità culturale del paese. Tramonti, pur essendo un piccolo borgo, ospita oggi venti pizzerie, mentre in tutta Italia sono più di duemila le pizzerie aperte dai maestri pizzaioli di Tramonti.
La pizza di Tramonti, grazie a quattordici anni di riconoscimento ufficiale, gode del marchio “de.co” (denominazione comunale di origine), che ne certifica la tipicità e ne garantisce l’autenticità. Questa antica tradizione è oggi un vero patrimonio culturale, una storia di sapori e tradizioni che continua a vivere nel tempo