“Nel tracciato della tradizione, la più creativa evoluzione”. E’ questo il leitmotiv che caratterizza i piatti dello Chef Tommaso Santaniello.

Classe 1987, frequenta l’istituto alberghiero ed il suo percorso professionale inizia proprio in quegli anni, nei ristoranti dell’Avellinese. Eclettico e lungimirante, interseca creatività ed innovazione, talento e passione. A soli vent’anni approda in Sardegna, al ristorante Symposium. Successivamente è chef de partie a Capri presso l’Hotel La Palma e a Ravello presso l’Hotel Villa Cimbrone. Forte della sua determinazione e del suo spirito internazionale, vola al Como Lario Restaurant di Londra come Sous Chef.

Affina il suo stile culinario fino a quando, dal 2016 al 2019, si stabilizza, in qualità di chef de cuisine, all’Ulivo Restaurant in Svizzera, dove ottiene il riconoscimento della Guide Schweiz Gault Millau.

La passione per la sua terra lo riporta, infine, in Campania: all’Habituè vin&cuisine di Nola, successivamente al Blu Stone Restaurant di Castellammare poi al ristorante Casa Mele, fino ad arrivare ad oggi nel ruolo di executive chef del ristorante Terrazza Celè situato nell’Hotel Marincanto di Positano.

Si mangia in un ampio e luminoso salone in stile liberty o, quando il clima lo permette – come oggi – anche in terrazza, a picco sul mare e sulla macchia mediterranea: si può optare tanto per la carta quanto per un percorso degustativo dello chef.

Il “five courses menu” offre, in sequenza, tataki di tonno con crema di finocchio e passion fruit, accompagnata da una piccola genovese di tonno, spaziando, poi, abilmente sulla carne con il sandwich di tartare di manzo con blu di bufala, marmellata di prugna e senape, jus di vitello. Crudo nel primo piatto signature per eccellenza, un cremoso e ben bilanciato risotto con brodo di lemon grass, tartare di scampi e crema di carote grigliate; chiusura affidata al mare, con l’ombrina marinata in salsa ponzu, salsa di yogurt e cetriolo con panna salata alla mela verde.

Lo stile tradizionale ed al contempo innovativo, che lascia spazio anche a contaminazioni orientali privilegiando, però, sempre il pescato locale che detta il fil rouge della degustazione, è evidente anche nella scelta su carta, cui affidarsi per andare al di là di un percorso prestabilito: tartare di gamberi con gel di lamponi, cannolo ripieno di bufala, caviale al lime, e bisque di gamberi; dentice marinato con maionese di avocado, salsa di mirtilli fermentati, veli di carota gialla ed arancioni; tataki di tonno con crema di finocchio e passion fruit; sandwich di tartare di manzo con blu di bufala, marmellata di prugna e jus di vitello, baccalà in olio cottura, con tre consistenze di pomodoro, classico, dry, e semi dry, crumble al basilico, maionese di sedano e salsa pil pil di baccalà.

I primi puntano sul mare, innovando la tradizione senza stravolgerla: oltre al signature dish già presente nella degustazione “five courses”, a conquistare la scena ci sono gli spaghetti alla carbonara di mare con uova di pesce spada e di salmone, bottarga e salume di calamaro, le linguine con pesto di borragine, vongole, salsa leggera all’aglio – cotto l’ultima volta in latte di soia – e pinoli tostati, il raviolo simil Nerano ripieno di bufala e provolone del Monaco accompagnato da salsa di zucchine e dalle loro chips, tartare di pezzogna e la sua bisque, mezzi paccheri alla Genovese con spuma du bufala e cipolla rossa bruciata.

Tanto pescato del giorno tra i secondi, dove questo si fonde e si ingentilisce con l’aromaticità degli agrumi della Divina, dal mantecato di spigola fritta con salsa salata al limone ed all’arancia, maionese al wasabi ed asparagi di mare; alla triglia ripiena con battuto di capperi e olive, porro bruciato, jus di triglia e salsa tsuyu. 

Grande fantasia nei dessert che puntano a valorizzare la tradizione locale: su tutti, l’assoluto di limone, che chiude il sipario sulla degustazione valorizzandolo in tutte le sue sfumature e consistenze, dalla mousse, alla crema, alla cialda fino ad arrivare al sorbetto al limoncello, al cioccolato, fichi, aceto balsamico e mousse di yoghurt: non manca anche una piacevole proposta di piccola pasticceria per chiudere in dolcezza.

La cantina, ampia, a cui è dedicato un locale autonomo prospiciente il ristorante, è curata da Salvatore Apuzzo: questa valorizza le etichette regionali e del territorio in abbinamento al pasto, ma non disdegna anche una buona proposta nazionale ed estera.