Sorrento. Innestare il fine-dining in una nota pizzeria, senza contrapposizione ma, anzi, in un’ottica complementare.
Da poco più di un anno la nota “Pizza e Cucina” di Antonino Esposito, pioniere della “contemporanea” nella Penisola Sorrentino, si è strutturata anche sul fronte della cucina. Ed in maniera assolutamente non banale. Una sfida non semplice, al giorno d’oggi, non soltanto considerata la necessità di dover rispondere a grandi numeri, ma anche perchè, ormai, la formula mista del ristorante e pizzeria è considerata, da più parti, superata e, sotto certi aspetti, da accantonare.
Ma nella cucina a vista della veranda tutta proiettata sul Golfo c’è Antonio Agretto, che silenziosamente e senza l’ossessione dei riflettori a tutto spiano si sta facendo strada in un percorso autonomo e lineare, a coronamento di una carriera ricca di esperienze davvero interessanti, a comporre un background di tutto rispetto.
Classe ’94, originario di Torre del Greco, intraprende gli studi alberghieri. Da allora inizia a girare per l’Italia, entrando in cucine sempre più note. Dopo il diploma, trascorre un lungo periodo a Gallarate, in Lombardia, nella brigata dello chef Ilario Vinciguerra. A 21 anni la decisione di mollare definitivamente gli ormeggi e di volare in Inghilterra, dal tristellato Pierre Gagnaire, in cui inizia a vedere la cucina con altri occhi. Ma la voglia di distinguersi si accompagna, al tempo stesso, a quella di mantenere saldo il legame con la terra delle proprie radici.
E, così, sceglie di rientrare in Italia, entrando nella cucina di Francesco Sposito, alla Taverna Estia di Brusciano, due stelle Michelin, per un breve periodo, per poi ripartire subito per Torino al timone del Gran Bouc, a Claviere, la prima esperienza alla guida della brigata di un locale fine dining, nell’Alta Val di Susa. Poi, il rientro a Napoli e, infine, la nuova esperienza Sorrentina, in una posizione certamente privilegiata.
La proposta di fine dining qui, dunque, si sintetizza e si incunea nell’ambito di un menù che vede protagonista la pizza. Lo fa con discrezione e coerenza, senza troppi effetti speciali ma, al contempo, con l’ambizione di chi punta a rendere anche la carta dei piatti – dagli appetizers ai dolci – non un banale complemento d’arredo – come spesso accade in contesti analoghi – ma un elemento distintivo.
Una missione, questa, che si ritrova nelle proposte presenti in carta. Alcune “evergreen”, altre caratterizzate da una spiccata tendenza alla stagionalità.
Non c’è solo la coerenza con ciò che offre la rete ma anche gli orti della zona. Con una costante, che si ritrova, nella sostanza, in ogni momento dell’anno: il limone Sorrentino, capace con la sua aromaticità di imprimere un’anima di allegria e di vitalità, attraverso piacevoli e discreti giochi di consistenze.
E’ il caso del risotto con lupini, placton marino, limone salato e battuto di gambero rosso o, ancora, in primavera, dei tortelli ripieni di cacio e fiori di zucca, mantecati con burro e salvia, serviti con una tartare di gambero rosso di Mazara, limone di Sorrento sotto sale e la sua bisque.
E di un altro piatto signature, in cui forse il territorio si esprime in modo ancor più completo: lo spaghetto aglio e olio alla Sorrentino, con la panura di mollica al prezzemolo, il provolone del Monaco e la sua spiccata sapidità in simbiosi con le noci – anche queste dei colli della Penisola – ed il limone. E, ancora, nella tartare di tonno rosso con il limone sotto sale, la maionese al pepe Sichuan, capperi, salsa al prezzemolo ed erbe.
Ma l’esperienza nel fine dining emerge ancora di più anche in portate in cui la creatività si mostra in modo ancora più spiccato, quasi a fare memoria delle esperienze precedenti: è il caso della ceviche di spigola con la crema permantier all’alga, i cetrioli, i ravanelli, l’albicocca scottata ed il ketchup di barbabietola piccante.