Due serbatoi gpl non (più) autorizzati e, quindi, pericolosi: questo l’oggetto del contendere tra il comune di Amalfi e la società gestrice di una piccola struttura alberghiera del territorio, il cui ricorso contro un’ordinanza di Palazzo di Città con cui era intimata l’immediata sospensione dell’attività alberghiera è stato respinto dalla seconda sezione salernitana del Tar, con Nicola Durante, Presidente, Olindo Di Popolo, Consigliere e Laura Zoppo nel ruolo di Referendario ed Estensore.

A segnalare la presenza dei serbatoi era stato, al comune di Amalfi (difeso dall’avvocato Francesco Armenante) il Comando provinciale dei vigili del Fuoco con una nota del 16 settembre 2021: l’attività non sarebbe risultata provvista di Scia antincendio. L’ente municipale avrebbe, di conseguenza, emesso il provvedimento impugnato, disponendo l’immediata sospensione dell’attività.

La società ricorrente ha eccepito alcune motivazioni in sua difesa: innanzitutto, infatti, i serbatoi gpl sarebbero dotati dotati, si legge nel dispositivo del Tar, “di certificato di prevenzione incendi, rilasciato dal Comando Provinciale del Vigili del Fuoco di Salerno (prat. n. 41241) nell’anno 2007, con scadenza al 5 dicembre 2010, e rinnovato, poi, di anno in anno, sino all’anno 2019, da quando l’attività è restata sospesa per scelte di governance aziendale”, e che, in ogni caso, la mancanza di una tale certificazione non sarebbe stata sanzionabile con la misura della sospensione dell’attività alberghiera”.

Quest’ultima, peraltro, si configurava, secondo la ditta ricorrente, come una potestà sanzionatoria non di competenza del Comune, bensì del Prefetto, a norma dell’art. 20 del D.Lgs. n. 139/2006.

Il Comune si era costituito in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica dello stesso al Ministero dell’Interno. L’ente municipale aveva affermato che l’ordinanza risultava correttamente motivata in fatto e in diritto, posto che i serbatoi gpl a servizio dell’attività alberghiera, oltre che “sine titulo” sul piano edilizio, non erano assistiti da alcuna autorizzazione antincendio, sicché la misura adottata costituiva un “atto doveroso e consequenziale all’accertata violazione della normativa antincendio”.

Ha evidenziato, inoltre, che la sospensione dell’attività commerciale disposta dal Comune è stata emessa in ragione della mancanza del presupposto dell’idoneità edilizia e di sicurezza dei locali in cui la stessa viene esercitata e non esclude l’esercizio dei poteri anche da parte dell’Autorità prefettizia.

Dalla sua, la parte ricorrente, aveva evidenziato che, in quanto gestrice di una struttura alberghiera con appena 25 posti letto, le sue attività non potevano rientrare nella disciplina del D.P.R. 151/2011, che rappresenta, su scala nazionale, la disciplina normativa di riferimento per quanto attiene alla prevenzione antincendio.

Il decreto in questione, come si legge nella sentenza, “stabilisce che lo svolgimento di una siffatta attività senza previa presentazione della SCIA o senza richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio costituisce un illecito, sanzionabile con motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività“.

Da questi motivi, dunque, ne è scaturito il respingimento del ricorso.