L’antenna di Radio Maria presente nel comune di Conca dei Marini dovrà essere demolita. Anche la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto – con la sentenza 2031/2024 del 1 Marzo scorso – il ricorso presentato dal procuratore generale dell’Associazione APS Radio Maria Pasquale Spadavecchia, per l’annullamento della sentenza del Tar che aveva dato ragione al comune costiero reputando valida la sua ordinanza di demolizione, emanata nel giugno del 2020.
Tutto era partito da una segnalazione di cittadini del borgo costiero che, preoccupati per la presenza dell’impianto, ne avevano segnalato la presenza alla Compagnia dei Carabinieri di Amalfi, all’epoca diretta da Umberto D’Angelantonio, che avviò l’attività investigativa riscontrando l’assenza di permessi per il manufatto. La vicenda sconfinò in un contenzioso finito prima dinanzi al Tar e, poi, al Consiglio di Stato, con ben quattro profili di ricorso.
I giudici romani (Presidente Sergio De Felice, i consiglieri Giordano Lamberti, Roberto Caponigro, Thomas Matà e Giovanni Pascuzzi – quest’ultimo nel ruolo di Estensore, ndr) hanno, tuttavia, evidenziato come non ci siano i margini per accogliere le istanze dell’associazione cui fa riferimento la nota emittente.
Il piccolo impianto di ripetizione del segnale, che irradia le trasmissioni dell’emittente in Costa d’Amalfi, era stato installato su un lastrico di proprietà privata sito in via dei Naviganti, sulla base di una concessione del 2017, regolarmente rilasciata dalla Direzione Generale per le Attività Territoriali – Ispettorato Territoriale Campania del Ministero dello Sviluppo Economico e delle Comunicazioni. Senza, tuttavia, alcuna autorizzazione: se non un abuso edilizio (viste le sue ridotte dimensioni) come evidenziato dal Tar nel 2021 sussisteva, in ogni caso, un illecito paesaggistico.
Tesi, quest’ultima, non sposata dal procuratore di Radio Maria, che aveva curato l’installazione dell’impianto sul territorio: l’opera contestata, essendo “appieno assimilabile ad una comune antenna televisiva domestica e non comportando alcuna trasformazione rilevante del territorio“, non avrebbe necessitato di permesso di costruire e non sarebbe stata, quindi, “sanzionabile in via demolitoria“.
Secondo quanto osservato dai giudici del Consiglio di Stato nel formulare le motivazioni alla sentenza, tuttavia, nel caso specifico, il Comune avrebbe dovuto autorizzare l’installazione del nuovo impianto.
“Questa conclusione – si legge nel dispositivo – deriva da molteplici considerazioni: i principi generali dell’azione amministrativa (durante l’istruttoria devono svolgersi tutte le attività necessarie a chiarire le questioni rilevanti per la decisione finale: cfr. artt. 3, 5 e 6 l. 241/1990); la sopravvenienza di nuove discipline normative (ad esempio in materia di esposizione ai campi elettrici ed elettromagnetici); la necessità di verificare, attraverso i pareri da acquisire al procedimento, se qualcosa osti al rilascio dell’istanza di autorizzazione (ad esempio: la sopravvenienza di un vincolo)“. Smentita, di conseguenza, anche l’eccezione sollevata dalla parte ricorrente secondo cui sarebbe valido il principio del silenzio-assenso.
Nulla da fare, dunque, per l’antenna di Radio Maria, che è stata ritenuta dai giudici opera “abusiva”: non sussistono, inoltre, ragioni di interesse pubblico sufficienti a scongiurarne la sua rimozione. Come, del resto, testimoniato anche dalla giurisprudenza vigente
“Al sussistere di opere abusive la Pubblica Amministrazione ha il dovere di adottare l’ordine di demolizione; per questo motivo, avendo tale provvedimento natura vincolata, non è neanche necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del procedimento” (Cons. Stato, sez. II, – 01/09/2021, n. 6181), si legge nel dispositivo della Sesta Sezione del Consiglio di Stato.
E ancora: «In tema di costruzioni abusive, l’obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia; la comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento non è pertanto necessaria» (Cons. Stato, sez. VI .- 19/08/2021, n. 5943);
“L’ordine di demolizione – prosegue la sentenza nel citare la giurisprudenza – è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione; né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l’interessato non può dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi” (Cons. Stato, sez. II, – 11/01/2023, n. 360)
La vicenda
Il caso aveva preso il via nel giugno del 2020, quando i carabinieri della Compagnia di Amalfi, all’epoca diretti dal Capitano Umberto D’Angelantonio, posero sotto sequestro un’antenna radiofonica privata, messa a disposizione dell’emittente Radio Maria. I militari avevano intrapreso l’attività investigativa dopo una serie di segnalazioni da parte dei cittadini del piccolo borgo della Divina, preoccupati per la presenza del grosso apparato.
Le forze dell’ordine con il supporto di personale specializzato dell’Arpac di Salerno dopo una serie di controlli e verifiche avevano riscontrato che l’intero manufatto, installato già da alcuni anni nel cortile di un privato cittadino, era privo dei previsti permessi edilizi rilasciati dal comune e dei titoli necessari in zona con stringenti vincoli paesaggistici; inoltre, a rendere più preoccupante la situazione, dal punto di vista della salute per la cittadinanza, è emerso che le onde elettromagnetiche prodotte dall’antenna in questione sforavano i limiti consentiti dal D.P.C.M. del 08.07.2003 riguardante il rischio che le persone corrono all’esposizione prolungate a campi elettrici e magnetici che superano le soglie consentite.
L’equipe difensiva dell’emittente radiofonica ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione dell’antenna poichè, secondo la tesi difensiva, essendo assimilabile ad una comune antenna televisiva domestica e non comportando alcuna trasformazione rilevante del territorio, non avrebbe necessitato di permesso di costruire e non sarebbe stata, quindi, sanzionabile in via demolitoria.
Il Collegio, presieduto da Nicola Durante, nella sentenza del 2021 aveva affermato che “non ignorando che l’installazione di una antenna di una stazione radioelettrica di limitata consistenza non costituisce trasformazione del territorio comunale agli effetti delle leggi urbanistiche ed edilizie e non necessita di un titolo edilizio più di quanto ne necessitino le antenne televisive poste sui tetti delle case; e ciò, purché ci si trovi di fronte ad impianti di modeste dimensioni, mentre, a fronte di tralicci o antenne di notevoli dimensioni, la realizzazione di simili manufatti, in relazione alla loro obiettiva consistenza, richiede un titolo edilizio e se del caso la autorizzazione paesaggistica“. Proprio in base a tale motivazione il ricorso dell’emittente radiofonica era stato respinto.