Da quel 9 Settembre del 1943, esattamente ottant’anni fa, cambiò la vita di tutti gli italiani e, ovviamente, degli Amalfitani.
Lo sbarco degli Alleati ebbe un ruolo importantissimo, non solo nel cambiare i destini della Seconda Guerra Mondiale, ma anche – e soprattutto – nell’imprimere una svolta alla vita quotidiana dei tanti amalfitani che, come tutti gli europei, avevano scontato per anni gli effetti economici (gravissimi) della guerra.
Fu proprio con lo Sbarco degli Alleati, infatti, che prese il via il “sogno americano”: i soldati a stelle e strisce, infatti, arrivavano carichi di beni di consumo che in Italia erano del tutto scomparsi durante la guerra, e che, in ogni caso, anche durante gli anni precedenti in molti non potevano permettersi.
A ricordare i momenti immediatamente successivi allo Sbarco ad Amalfi in cui l’atmosfera surreale della guerra iniziava a lasciar spazio a spiragli di pace ed armonia fu, nell’opera “Com’era bello nascere nel lettone”, il giornalista Gaetano Afeltra (1915-2005), storica firma del Corriere della Sera.
“La mattina del 9 Settembre la V Armata al comando del Generale Clark era tutta sbarcata. Tra le migliaia e migliaia di militari c’erano anche molti oriundi, figli e pronipoti di emigrati che al grido di “Paisà” cercavano di farsi riconoscere“, si legge nell’opera di Afeltra, riprodotta, in un suo estratto, nel libro “1884-1946, dal viv’o’rre al boogie-woogie” del Centro di Cultura e Storia Amalfitana.
E, ancora: “Quel lessico colorito e confidenziale suscitava affetti e simpatia. Dai cognomi si risaliva ai parenti. Si accendevano ricordi e nostalgie. Anche se per difficoltà di lingua il colloquio era difficile, alla fine risultava sempre festoso. Ognuno parlava senza che l’altro capisse. Ma cosa importava? Bastava dire “yes” perchè in quelle ore ogni “yes” valeva un’amicizia. In più, abbracci e baci, cioccolata e sigarette. Il sole sembrava che splendesse più in alto“.