Ottant’anni fa la storia d’Italia cambiava volto. E lo faceva sul litorale della Costiera Amalfitana, che fu protagonista dell’Operazione Avalanche, che segnò l’ingresso degli Alleati anglo-americani, il giorno dopo la pubblicazione dell’Armistizio di Cassibile, nella Penisola Italica.

Amalfi, rispetto a realtà vicine come Salerno o, ancor più, Napoli, letteralmente martoriate dalle bombe, visse probabilmente in modo meno intenso gli orrori della guerra. Tuttavia, non mancavano i disagi per la popolazione che era ormai letteralmente allo stremo, soprattutto per la fame: sempre più difficili, nell’estate del 1943, con le infrastrutture precarie e messe in ginocchio da tre anni di conflitto, erano gli approvvigionamenti alimentari, tutti razionati.

Lo sbarco degli Alleati a Maiori

L’operazione Avalanche, come ben noto, ebbe inizio all’alba del 9 Settembre del 1943, esattamente ottant’anni fa. Tante sono le opere bibliografiche che hanno raccontato il D-Day italiano per eccellenza: meno quelle che hanno descritto, nei dettagli, gli eventi in Costiera Amalfitana e soprattutto nella sua città principale.

I soldati angloamericani – preceduti dai paracadutisti – sbarcarono, infatti, a Maiori il 9 Settembre ma presero il pieno controllo di Amalfi soltanto due giorni dopo, l’11.

Come si legge nella Rassegna 2020 del Centro di Cultura e Storia Amalfitana (p.296) requisirono immediatamente gli ambienti dell’Albergo Marina Riviera, all’ingresso del paese: all’epoca si chiamava semplicemente Hotel Riviera.

Amalfi, infatti, fu considerata la base ideale per costruirvi il Comando Militare Alleato, per la sua posizione strategica al centro della costa. Questo fu l’unico organo amministrativo, esecutivo e giudiziario di gran parte della Costiera, dallo sbarco fino alla costituzione del nuovo governo d’Italia.

Il Comando, nei fatti, svolgeva le funzioni governative del comprensorio amalfitano da Cetara fino a Conca dei Marini, compresi anche i centri interni di Tramonti, Ravello e Scala. Logisticamente le truppe occuparono i locali scolastici e requisirono il già citato albergo Riviera, che divenne, insieme a Villa Savo, la sede dell’AMG fino a Giugno del ’44, quando si spostò al Cappuccini, lasciando il Riviera al Genio Militare Italiano.

Dettagli, questi ultimi, che evidenziano come la presenza militare a stelle e strisce sia andata ben oltre il settembre del ’43. L’atmosfera che si creò in quei giorni, come ricordato da Gaetano Afeltra nel suo “Com’era bello nascere nel lettone”, opera del 1991 edita da Rizzoli, era festosa: tantissimi, del resto, erano i soldati americani figli di emigranti, con i quali si riusciva perfino a tracciare qualche legame. I dettagli.

Allegra, nonostante la surreale presenza delle armi in ogni angolo di una città, come quella di Amalfi, che trasuda pace da ogni suo angolo.

Foto Archivio Angelo Pesce (Napoli)
Fonte: “1884-1946, Dal viv’o’Rre al boogie-woogie, Centro di Cultura e Storia Amalfitana“, p.111.

La foto del Lungomare dei Cavalieri trasformato in un deposito di armi è, in tal senso, emblematica.

I comandi americano ed inglese che, invece, si occupavano di questioni prevalentemente militari, trovarono un’altra sistemazione: l’americano era suddiviso tra il Mulino Bergamasco ed il Santa Caterina, mentre l’inglese aveva sede nell’appartamento di Francesco Amodio, futuro sindaco. Nel 1945 i gestori delle strutture chiesero un’indennità per la requisizione dei danni procurati dalle truppe.

Le leggi applicate dal Comando attraverso i proclami che venivano affissi nelle località della Costiera Amalfitana che ne erano sotto la giurisdizione furono sempre più restrittive. Fu imposta, nei fatti, l’accettazione da parte dei cittadini di valute straniere, a cui era stato dato corso legale. Inoltre, fu emanata anche dal generale Alexander, comandante delle Forze Alleate e Governatore Militare, una “ammonizione” sul coprifuoco, che impediva tassativamente agli amalfitani di lasciare la riva senza l’autorizzazione alleata ed imponeva loro un coprifuoco dal tramonto all’alba. I soldati alleati avevano l’ordine di sparare a chiunque contravvenisse a queste disposizioni.

Ai militari americani fu imposto, espressamente, il divieto di entrare in possesso di generi alimentari italiani e, viceversa, alla popolazione locale, che aveva generi alimentari razionati, di acquistare cibo o altri prodotti di largo consumo come, ad esempio, bevande e sigarette, dai soldati americani.

Nel frattempo le truppe si muovevano verso il Monte Chiunzi, puntando alla conquista di Napoli, che di lì a poco si sarebbe liberata autonomamente dall’oppressione tedesca con le Quattro Giornate. Dal ’44, dopo un’estate buia in cui la Costiera fu esclusivamente appannaggio di militari – siccome gli alberghi erano requisiti – gradualmente, si potè sviluppare la vocazione turistica della città.

E forse fu proprio l’approdo dei militari angloamericani a fare da catalizzatore nell’aumento della notorietà di Amalfi.

Tutto il resto, è storia.

Fonti

Rassegna Centro di Storia e Cultura Amalfitana, Gennaio-Dicembre 2020, Nuova serie, pp. 296-301.

1884-1946, Dal viv’o’Rre al boogie-woogie”, Centro di Cultura e Storia Amalfitana, p.111

Si ringrazia il prof. Giuseppe Gargano, storico medioevalista, presidente onorario del Centro di Storia e Cultura Amalfitana, per il gentile supporto nella consultazione dei documenti.