Furono 183 le case di Sarno distrutte e danneggiate. Quando la frana cominciò a invadere viale Margherita e poi via Pedagnali e via Casale fu l’inferno.

Il vecchio ospedale Villa Malta, ospitato in un antico palazzo gentilizio della famiglia Milone realizzato nell’800, fu il centro del coraggio e del dramma. Qualcuno da lì aveva avvisato dell’emergenza, allertato ambulanze.

La furia della montagna travolse anche l’ospedale. In sei, cinque sanitari e un centralinista, furono travolti in servizio.

Con loro, morirono anche cinque pazienti ricoverati dopo la prima frana. Avevano sperato di salvarsi. Invece, non ci fu scampo dopo l’ultima frana delle 23,31. E, quell’ospedale vuoto, quell’edificio antico in piedi tra macerie a mura, appare simbolo della tragedia.

I nomi delle vittime sono incisi tutti infila su una stele inserita nel Parco della memoria, costruito con fondi comunali e finanziamenti regionali di 50mila euro. C’è anche il nome di del vigile urbano cui è intitolato il centro polifunzionale. Quella sera cercò di aiutare, sopperire alle assenze e alle indecisioni. Fu una delle 137 vittime di quella tragedia.

Dopo 72 ore di pioggia lenta e incessante nei comuni di Sarno, Siano, Quindici,e Bracigliano la gente si riversa per strada sentendo forti boati. Era la montagna che stava rilasciando enormi quantitativi di terra trasformati in fango per la violenza dell’acqua.

«Il terremoto fa paura ma questa è sta ancora più terribile», disse qualcuno a caldo ai microfoni dell’unica emittente televisiva presente sul posto quando iniziò a venire giù la lava: Telenuova. E quelle immagini fecero il giro del mondo, passando per la Rai.

Il Tg3 mostrò quei video delle colate di fango a Sarno, a Bracigliano, a Quindici, a Siano. Ettari di terreno si staccarono scorrendo, insieme con un fiume di acqua, verso i paesi sottostanti, adagiati tra la base delle colline del Pizzo d’Alvano e la piana Sarnese.

Fu il fini mondo con l’acqua che entrò in ogni dove. Troppi gli oltre 160 morti distribuiti tra i vari paesi, 137 dei quali nella sola Sarno, il centro più popoloso e ovviamente il più colpito.  Case sventrate, con la frazione Episcopio, quella immediatamente sottostante una delle frane, rasa al suolo. Sulle strade metri di fango da cui si estrassero cadaveri e talvolta volta persone ancora in vita.

Era il pomeriggio del 5 maggio 1998, quando quella colata enorme e devastante investì la città di Sarno e i centri circostanti. Il dissesto idrogeologico e una pioggia ininterrotta provocarono una catastrofe in cui, nonostante il coraggio dei soccorritori, persero la vita 160 persone. Una tragedia incancellabile. Un dolore ancora forte. Una ferita terribilmente aperta.