Territorio

Salvo Caramagno, il siciliano che dipinge la Costiera del sogno / L’intervista

È ritornato in Costiera Amalfitana, a Furore, dopo un po’di anni Salvo Caramagno, artista, classe 1953, che dall’età di quattordici anni dipinge e dai ventisei ha iniziato a dedicarsi ad una forma d’arte, quella dei murales, che arrivò nella Divina grazie all’intuitus di Raffaele Ferraioli, sindaco di quello che divenne il “paese dipinto” per eccellenza della Divina.

La sua tappa nella terra Furoris lo ha visto impegnato sia nella realizzazione di una pittura murale nell’albergo dipinto di BaccoFurore, che nel recupero della “Serenata a Furore” di Vincenzo Perna, realizzata circa tre decenni fa e ormai scalfita dall’usura del tempo e dagli agenti atmosferici.

Dai primi anni ’80 ad oggi non è cambiata la sua visione onirica, quasi surrealistica, che si intreccia con le atmosfere del luogo, rendendole in un’inedita chiave di lettura: quella del sogno.

Che ricordi ha di quando giunse per la prima volta a Furore, divenuto “paese dipinto”?

Parto da una visione avuta in questi giorni: la cosa bella è aver visto che un mio murales, ritraente dei raccoglitori di limoni, è rimasto ancora intatto. È stata una delle tappe di un percorso artistico iniziato circa 43 anni fa. All’epoca in cui ho iniziato a produrre murales, nel 1980, si aveva l’influsso della pittura messicana, ma in Italia chi li realizzava si contava sulla punta delle dita. Da allora ogni anno con il nostro gruppo portammo avanti un vero e proprio tour, dal Trentino alla Sicilia e viceversa, per lanciare questa forma d’arte. La Costiera l’ho conosciuta in maniera diversa da quella di un semplice viaggiatore“.

Che funzione doveva avere il murales?

Il murales doveva essere, e su questo eravamo tutti d’accordo, una forma d’arte popolare, simile a quella che i pittori esprimevano nelle chiese del Medioevo. La gente, in fondo, non si riconosceva soltanto nelle figure dei Santi, ma anche e soprattutto in quelle dei popolani. Realizzare murales significava abbattere le pareti dell’atelier e dipingere fra la gente e con la gente. Inizialmente, in tutte le realtà in cui ci recavamo, questa era abbastanza restia, diffidente verso la realizzazione di questa forma d’arte. L’anno successivo spesso il popolo faceva a gara per offrire il muro delle loro proprietà“.

Com’è cambiata l’arte dei murales rispetto ad allora?

Il murales si è trasferito dal piccolo paese alla grande città, ed ha inglobato il lavoro dei writers che usano gli airografi, realizzando dei soggetti meno inseriti nel contesto in cui si trovavano, trasmettendo dei messaggi sociali e politicamente “impegnati”. Il nostro aveva soltanto l’obiettivo di rendere i muri meno grigi. Non c’era impegno politico o sociale nelle nostre opere“.

Che impressione le fece la Costiera?

La Costiera mi diede una grande emozione: notai dei raccoglitori di limoni e dei pescatori; poi osservai il Fiordo e le sue bellezze, con un uomo che a dorso di un cavallo scendeva dalla collina verso il mare. Quell’angolo mi trasmise un’impressione di magnificenza“.

Com’è cambiata la Costiera Amalfitana rispetto ad allora?

C’era meno gente e maggior dimensione umana. In fondo Furore era un paese che doveva lottare tutti i giorni per mangiare, così come in altri luoghi della Costiera interna, c’era un’economia di sussistenza“.

Questi mutamenti hanno cambiato la sua arte?

Per me non è cambiato assolutamente: da pittore rappresento una Sicilia sognata, favoleggiante, onirica, quasi surrealista, in cui la realtà viene mediata dalla poesia che generalmente la trasforma. È quanto ho fatto e continuo a fare anche a Furore: il realismo racconta la realtà in maniera filtrata dall’autore e per questo la mia è una pittura realistica“.

Il murales che ha da poco terminato di realizzare è uno di quelli più rappresentativi tra quelli che impreziosiscono l’albergo dipinto di Bacco a Furore: ce lo descrive?

L’ho chiamato “Serenata in riva al mare”: ci sono due personaggi, una donna ed un uomo, che stanno esprimendo la loro complicità attraverso il canto e la musica, mentre guardano a isolotti che nella realtà in Costiera, in quella forma, non sono presenti. La mia è una Costiera del sogno, quella di un artista – uomo fortunato – che non ha mai copiato una fotografia ma la cui mente ha rielaborato le immagini viste ed apprese. E tutto ciò viene espresso attraverso i murales, una pittura fruibile“.

Vedutismo e fotografia possono andare d’accordo?

La fotografia è stata un grande limite per la pittura in quanto molti pittori scelgono di copiare, a tutti gli effetti, delle fotografie, che vengono copiate pedissequamente, svolgendo un’operazione di tipo artigianale, e non più artistico“.

La Costiera Amalfitana è meno a misura di sogno d’artista rispetto a quasi mezzo secolo fa?

La Costiera che dipingevo quarant’anni fa era più vicina alla realtà dei miei murales. C’è però da dire, per evitare fraintendimenti, che la Divina non poteva restare una foresta vergine e, anzi, va fatto un plauso alle iniziative imprenditoriali che hanno trasformato realtà in alcuni casi tendenzialmente povere a molto sviluppate dal punto di vista economico“.

In cosa il sogno è fondamentale nella sua arte?

Il sogno ci salva, serve per allontanarci da una realtà a volte inaccettabile. Riproporla con il proprio contributo di sentimento e poesie può addolcire un contesto che a volte, proprio come un caffè, può risultare troppo amaro“.

Andrea Bignardi

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