Ha spento idealmente le quaranta candeline il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali. All’evento presente il mondo delle istituzioni e le personalità culturali del territorio. L’istituto di villa Rufolo è riferimento per la promozione della conoscenza, la gestione e la fruizione del patrimonio culturale attraverso un approccio interdisciplinare. I dettagli e le parole del sindaco di Ravello Paolo Vuilleumier.
Realizzare attività di ricerca e formazione utili a fornire supporto scientifico, metodologico e operativo di alto livello ai decisori responsabili del patrimonio e delle attività culturali. Cooperare con le Università, integrandone l’offerta per rispondere alla domanda di formazione interdisciplinare, oggi assai viva, che per loro natura le università, tendenzialmente specialistiche, non sono in grado di soddisfare. Sono soltanto alcune degli obiettivi che in questi ultimi decenni si è posto il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali.
Una presenza prestigiosa per Ravello, grazie all’enorme valore delle attività culturali e di ricerca scientifica perseguite. Il sindaco, Paolo Vuilleumier, ha aperto sabato mattina il convegno celebrativo in occasione del quarantesimo anniversario della costituzione del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, presieduto da Alfonso Andria.
“Tantissime sono le personalità e gli studiosi che dall’anno della sua costituzione e sino ad oggi hanno assicurato il proprio contributo al centro – ha sottolineato il sindaco di Ravello Vuilleumier –. Ringrazio tutti a nome della comunità ravellese per tutto quanto hanno fatto, che ha senz’altro contribuito ad affermare ancora più nel mondo intero il prestigio e l’immagine di Ravello come luogo di cultura”.
Quando il Centro fu fondato dal Consiglio d’Europa nel lontano 1983, nella comunità scientifica internazionale era viva l’esigenza di superare l’approccio della formazione universitaria dell’epoca, rigidamente segmentata per discipline. E così l’approccio pluri/interdisciplinare fu da subito il carattere distintivo delle attività del Centro, sintetizzato nell’Esprit de Ravello.
Il Centro divenne così un luogo privilegiato di dibattito scientifico tra i ricercatori di matrice umanistica (archeologi, storici, filologi, letterati) e quelli delle scienze “dure” (vulcanologi, sismologhi, chimici). Gli uni e gli altri impegnati ad integrare le rispettive ricerche nella tutela del patrimonio culturale.
