“La più viva delle città morte”. E’ così che Alberto Angela ha definito l’antica Pompei in uno speciale dedicato alla città spazzata via dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

E ben presto anche gli abitanti di Pompei potranno tornare a “vivere” a seguito di una mappatura completa del DNA. Nei giorni scorsi, infatti, il Parco Archeologico di Pompei ha reso ufficiale la notizia di una mappatura di tutto il DNA disponibile, riservandosi di diffondere tali risultati quando il quadro sarà completo e scientificamente esaustivo.

Il Parco Archeologico di Pompei riferisce che il DNA degli abitanti di Pompei viene estratto dal 1998 anche se in questi giorni ha fatto il giro del mondo la notizia dell’estrazione del Dna di un uomo.

Questo studio recente ha un suo punto di forza nell’individuazione per via genetica di una vistosa patologia, la tubercolosi, già rilevata autopticamente, sebbene l’individuo in esame abbia permesso l’estrazione di un genoma al 33%, quindi non completo. Il soggetto in studio, essendo stato scavato nel 1934 ed essendo rimasto a​ lungo esposto, presenta percentuali di un DNA endogeno inferiori agli standard che si rilevano nella mappatura strutturata e ragionata ancora in corso.

Tale monumentale mappatura genetica che interessa l’intera popolazione pompeiana, avviata dal 2015 è in corso a cura del Parco con la collaborazione dell’Università di Firenze, con il fine di avere un vero e proprio ritratto di una popolazione di epoca imperiale.

Questo progetto nasce dalla consapevolezza che il deposito vulcanico ha agito come “guscio” sui resti dei pompeiani, di fatto evitando che venissero “inquinati” da fattori esterni. L’ambizioso progetto ha portato alla vincita di un PRIN (Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) finanziato per 800mila euro, dal titolo “POMPEII molecular portrait”.