La cucina della Costiera Amalfitana sa, al contempo, esprimere tanto la tradizione quanto l’innovazione più spinta e le tecniche più ardite.
Un esempio è dato dal “Pomodoro ravellese”, la nuova creazione dell’executive chef de “La Rondinaia” Enrico Ruggiero, presentata in occasione di “Buonissimi, nutriamo la ricerca”, l’evento charity giunto alla quinta edizione, tenutosi ieri sera presso le “Rocce Rosse” del Lloyd’s Baia di Vietri sul Mare.
Particolarmente creativo e suggestivo il piatto, che condensa, in una piccola sfera, dall’aspetto esteriore di un pomodorino datterino rosso, alcuni prodotti di eccellenza del territorio campano, reinterpretati con estro e creatività dallo chef sarnese che da inizio di quest’anno ha assunto la guida della brigata all’interno della storica struttura della città della musica.

Affascinante e criptico, dal colore rosso vivace, il “pomodoro ravellese” è composto, all’interno, da un cuore di ricotta di bufala: esternamente, è ricoperto di ragù napoletano cappato, e impreziosito da un crumble che, metaforicamente, rappresenta la “terra”, ma è realizzato con una miscela (dalle proporzioni, ovviamente, segrete) di caffè arabico e sale.
A presentare la portata, nell’ambito della miriade di eccellenze culinarie presentate dagli oltre cento chef presenti al consueto evento organizzato, come ogni anno, da Paola Pignataro e Silvana Tortorella, con la collaborazione di OPEN Odv, organizzazione non-profit per la ricerca contro i tumori pediatrici e, in particolare, il neuroblastoma, è stato lo chef Enrico Ruggiero insieme al suo sous-chef Giuseppe Salvato.
“La mia filosofia di cucina – spiegò lo chef quando assunse la guida della struttura ravellese – è fortemente legata al mio territorio d’origine, un luogo ricco di cultura enogastronomica della nostra provincia di Salerno. Il mio obiettivo sarà quello di rispettare e promuovere quei piatti, in particolare quelli che più di tutti rappresentano la Costiera Amalfitana e la Campania nel mondo. Innovandoli, certo, ma senza stravolgerli: rammentando che una cucina è autentica solo quando è capace di essere ricordata“.
