La storia del Ducato di Amalfi rivive attraverso l’impresa al femminile di un pastificio di Gragnano. L’intervista al Ceo Chiara Caso al portale di Repubblica. I colori della natura tipica di Amalfi incontrano le spighe di grano color oro. “I gragnanesi non lo dicono, ma la pasta è nata ad Amalfi”.
Diverse ma complementari. Vissuti e percorsi paralleli che all’improvviso si intrecciano all’alba di una sfida non semplice ma eccitante. Dietro questo progetto ci sono le storie di cinque donne coraggiose, legate da un fil rouge comune, l’amore per le proprie radici.
Interessi differenti che convergono. Tullia Vanacore è psicologa e si occupa di risorse umane, Anna Cimmino è commercialista e a lei è affidata la contabilità. Antonella Langellotto ha una esperienza di lunga data nel settore import-export e pertanto cura i rapporti con fornitori e clienti. Daniela Ruocco ha lavorato nella ristorazione ed è responsabile della sala di degustazione. E infine c’è Chiara Caso, assessora e studentessa universitaria. Last but not least l’arte e la sapienza di Don Vincenzo Di Massa, mastro pastaio con 45 anni di esperienza nel settore. Trait d’union tra tradizione e innovazione.
“Invece di acquistare un marchio antico, lo abbiamo creato da zero legandolo alla storia, da qui nasce il nome del pastificio – spiega Chiara Caso alla penna di Giulia Mancini di Repubblica -. I gragnanesi non lo dicono, ma la pasta è nata ad Amalfi”. Il brand riporta al famoso centro della Costiera omonima anche nell’utilizzo della carta, “Nei colori della natura che ci circonda e il marchio in oro per l’importanza come prodotto e il colore delle spighe di grano”.
“La nostra è una produzione che bada alla qualità, si orienta verso boutique del gusto e ristoranti importanti, non al canale della grande distribuzione. Usiamo semola di Selezione Casillo da Puglia e Basilicata e, secondo il disciplinare, l’acqua dei Monti Lattari. È questa a dare sapore diverso alla nostra pasta”.
Ogni giorno fra i 900 e 1000 chili di pasta. “Per nostra scelta lavoriamo lentamente – specifica Chiara -. Impieghiamo la trafilatura bronzo per avere maggiore rugosità e impastiamo con pochissima quantità di acqua, tra il 25 e il 26,6% in peso in base ai formati. Ciò permette all’impasto di scivolare molto lentamente attraverso la trafila”.
Il confezionamento è rituale, affidato agli occhi di Speranza Spina che sovrintende alle operazioni: “Siamo tra i pochi a confezionare tutto a mano. Tolta dai telai, ogni formato viene pesato a mano con le bilance come un tempo”. Un pregio carico di audacia quello di limitare la plastica, ma che in qualche modo riconduce al passato e al nome, alla Amalfi che ha fatto della carta un pregio.
Non solo pastificio, come nelle intenzioni visionarie, ma un vero polo produttivo in cui immergersi nella storia e nel sapore della pasta con il tour multimediale che porta nella storia, la sala degustazione per la ‘pasta experience’ e il ristorante ‘La Cucina del Ducato’. “Abbiamo formulato un percorso nel pastificio che inizia con il tour in 4D: tramite un visore Oculus ci si immerge nella Gragnano antica, a inizio del secolo scorso“.
Un’immersione che non finisce così, nessun boccone sarebbe perfetto senza l’assaggio. “L’intenzione era partire con una sala degustazione per consentire ai visitatori di concludere il tour a tavola, poi con il covid abbiamo deciso di aprire un vero ristorante: La Cucina del Ducato”. Aperto a tutti, anche a chi non vuole visitare l’azienda, il ristorante è guidato dallo chef Michele Molaro, con la supervisione del brand ambassador Domenico Stile del ristorante stellato romano Enoteca La Torre. Nemmeno a dirlo la pasta è ingrediente principe e principale.