Dietro una commedia cult si nasconde una storia personale che ha lasciato segni profondi: la realtà che ha ispirato il film di Monicelli.
“Parenti Serpenti” non è soltanto una delle commedie più caustiche del cinema italiano, ma anche il riflesso di una storia vissuta in prima persona. A distanza di oltre trent’anni dalla sua uscita, il film diretto da Mario Monicelli continua a colpire per la sua lucidità spietata e per quel senso di disagio che accompagna lo spettatore fino all’ultima scena.
Un effetto che non nasce per caso, ma da una realtà familiare concreta, osservata, vissuta e poi trasformata in racconto cinematografico. Dietro la tavola imbandita, i sorrisi di circostanza e le dinamiche velenose tra parenti, si cela infatti l’esperienza personale di Carmine Amoroso, autore del soggetto e sceneggiatore del film.
La vera storia che ha ispirato “Parenti Serpenti”
Uscito nel 1992, “Parenti Serpenti” racconta la riunione natalizia di una famiglia apparentemente normale, che lentamente rivela il lato più cinico e spietato dei rapporti di sangue. Un’idea nata da ricordi autentici, come ha più volte spiegato lo stesso Carmine Amoroso. Alcuni passaggi del film, in particolare la decisione di affidare l’anziana nonna a una casa di riposo, derivano direttamente dalla sua esperienza personale. Una scelta che, nella realtà come nella finzione, ha messo i familiari davanti a una verità scomoda, difficile da accettare.
Dopo l’uscita del film, alcuni parenti di Amoroso hanno reagito con rabbia, arrivando a interrompere ogni rapporto con lui. “Mi hanno tolto il saluto”, ha raccontato, spiegando come il film abbia costretto chi si riconosceva nei personaggi a confrontarsi con un’immagine poco lusinghiera di sé. L’intento, però, non era accusatorio, ma narrativo: raccontare un mondo familiare reale, senza filtri, permettendo al pubblico di identificarsi in dinamiche universali.

Anche la scelta delle ambientazioni è profondamente legata alla vita dello sceneggiatore. Il film è stato girato in Abruzzo, regione d’origine di Amoroso. Nonostante la sua proposta iniziale di ambientare le riprese a Lanciano, Mario Monicelli decise di girare prevalentemente a Sulmona. Tuttavia, nella sceneggiatura rimangono evidenti riferimenti a Lanciano e alle sue tradizioni, come la Squilla, celebrazione tipica del 23 dicembre, che nel film viene spostata simbolicamente alla vigilia di Natale.
Nel racconto di Amoroso emerge anche il rapporto complesso con la sua terra. Cresciuto in un contesto rurale dove il cinema non era considerato un vero mestiere, lo sceneggiatore ha vissuto la partenza come una necessità. In Abruzzo, all’epoca, mancavano strutture e figure di riferimento capaci di sostenere chi sognava di lavorare nel mondo del cinema. Una mancanza che, secondo Amoroso, ha frenato la nascita di una vera tradizione cinematografica locale, almeno fino a tempi più recenti.
