Un’umanità invisibile, vulnerabile e senza diritti, che fugge da guerre e povertà, naviga oggi, su barconi fatiscenti: proprio quel mare nostrum che per secoli è stato solcato dalle imbarcazioni dell’antica Repubblica Marinara di Amalfi. E, ancora una volta, l’arte diviene fondamentale per veicolare importanti messaggi sociali.
Inaugurerà ad Amalfi mercoledì 20 dicembre 2023, alle 18, negli straordinari spazi dell’Antico Arsenale della Repubblica, la Mostra “Diritti e Rovesci. Le Sculture di Morale-s, dalla Tradizione all’Azione”.
Le opere di Salvatore Scuotto intendono aprire una riflessione sul tema dell’immigrazione e del razzismo, causa o conseguenza di un dramma moderno segnato dalla disumanità.
La mostra, a cura del critico d’arte Pasquale Ruocco, è inserita nel più ampio programma di eventi natalizi, promossi dal Comune di Amalfi guidato dal Sindaco Daniele Milano: l’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 20 gennaio 2024.
«Dopo il successo dei “Les Voyageurs” di Bruno Catalano, installati sul lungomare di Amalfi, prosegue la nostra esplorazione artistica di esperienze universali, quali il viaggio, la fuga, l’esilio, il sogno, le aspirazioni, la vita che nasce, la speranza – ha sottolineato l’assessore alla cultura Enza Cobalto, consigliera agli Eventi e ai Beni culturali – Partenze e separazioni, identità frammentate, donne e uomini che hanno lasciato i luoghi perfetti dell’infanzia per lavoro o perché costretti da situazioni contingenti. L’arte ha la forza evocatrice di imporsi allo spettatore, suscitando domande, interrogativi. Così parliamo di popoli migranti attraverso la mostra di Morales, artista irriverente e sovversivo, perché ci costringe a guardare, suscitando emozioni contrastanti, che conquisteranno la sensibilità del pubblico».
“Io penso che sia il momento per la pittura di rompere le cornici e per la scultura di scendere dai piedistalli”, afferma Morales. Bisogna dipingere senza evadere, scolpire o modellare plasticamente un pensiero che sia ferocemente rivolto al pubblico. Un pensiero che non lo allieti ma che lo accusi, perché stiamo diventando tutti, nemmeno lentamente, colpevoli.
«Un fenomeno, quello dei flussi migratori causa di nuove sfide e profonde tensioni sociali, che trovano spazio nel lavoro di numerosi artisti – commenta nella sintesi critica il curatore Pasquale Ruocco – Tra questi l’albanese Adrian Paci, autore nel 2007 di Centro di permanenza temporanea, riguardante la situazione nei centri di detenzione degli immigrati. Les Voyageurs, i corpi frammentati di migranti con le valigie di ‘cartone’ dello scultore Bruno Catalano. Vestiti di arrivati raccolti e indossati da Corrado Levi in una fotografia, poi diventata manifesto, di Beppe Finessi. Le installazioni subacquee di Jason de Caires Taylor, La Zattera di Lampedusa e il Gruppo di Rubicon collocate nel 2016 nei fondali di Lanzarote. Da canto suo Morale-s, al secolo Salvatore Scuotto, il cui sguardo da tempo si sofferma sulle turbolenze di una società a tratti decadente e disumana, affonda le mani nella sua materia prediletta, l’argilla, per dar forma a questa umanità affranta e disperata ‘giocando’ con i caratteri rassicuranti di piccole sculture colorate, dal sapore pop, quasi si trattasse di forme di arredo, di oggetti apparentemente innocui, ma in realtà contraddistinti da una ironia cupa e corrosiva».
Il lavoro di Morale-S è sempre in bilico tra una manualità tradizionale, figulina e la necessità di denuncia che in maniera irriverente innesca, interagendo con la serie di reperti archeologici conservati nei monumentali spazi dell’Arsenale, provenienti anch’essi dal mare.
Si tratta di una sorta di vero e proprio corto circuito tra oggetti di diversa provenienza e valore, tra epoche storiche lontane, invitando a riflettere sulle grandi trasformazioni che hanno avuto luogo in quel mare nostrum.
«Ci costringe così ad attraversare una sorta di campo minato dove al posto degli ordigni troviamo i volti spaventosi di corpi ormai abbandonati alla deriva, mentre una mano, prima di inabissarsi, con le sue ultime forze mostra tutta la sua indignazione inchiodando il cosiddetto Occidente alle sue responsabilità», continua il curatore.
Tra resti di anfore domina il Portapastelli colorito, una testa di moro con la bocca spalancata a forza per contenere una raccolta di matite colorate che ‘dichiarano’ con decisione di non essere nere. Un recipiente macabro, che ci ricorda come anche nelle rappresentazioni più edulcorate, si pensi al tradizionalissimo e apparentemente innocuo moro portalampade, in funzione servile.
E ancora, Mamma Negra, quasi una piccola madonna votiva e Sinera, dal sapore mitologico. Due figure che portano con sé la disperazione e la precarietà di un sistema immischiato con il malaffare, il crimine, di cui le donne troppo spesso sono le prime vittime. La Sinera, una donna africana con le pinne capaci di affrontare il più ostile dei mari, la madonna dei nostri giorni che stringe sul petto quei bambini che abbiamo visto troppe volte morire.
Al contempo, però, portano la speranza di una vita, di una nuova esistenza. Il domani è nella pancia rotonda e viva di una migrante che ci mostra il palmo della sua mano e ci chiede di fermarci. In questo olocausto di mare e di terra sono le donne le prime vittime, torturate, violentate, vendute e comprate e poi usate come bancomat di carne. In tutto questo dolore l’atto rivoluzionario è il venire al mondo, comunque. Nonostante l’odio.
«Finisce il mondo se non sappiamo raccontarlo più – scrive Amalia De Simone, raccontando l’estetica di Morales – Finisce in quella cortina apparentemente invisibile e invece più densa di certe vite al limite che si chiama indifferenza. Allora l’unica strada per tutti è la scelta. Sceglie chi guarda. Sceglie chi mostra. Sceglie chi crea. Morales sceglie di seguire Picasso quando dice che l’arte è un’arma, è un modo per combattere. Sceglie quando la fa diventare un atto politico».
Morale-S (nome d’arte per Salvatore Scuotto) nasce a Napoli nel 1969: dopo il diploma presso il Liceo Artistico SS. Apostoli, nel 1994 conclude gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Nel 1996 inaugura, assieme ai fratelli Raffaele ed Emanuele, il laboratorio artigianale la Scarabattola, con cui raggiunge fama internazionale legata al rinnovo della tradizione presepiale napoletana, testimoniata dalle importanti commissioni per il Palazzo Reale di Madrid, per la chiesa di Most Precious Blood di Manhattan a New York, per la Custodia di Terra Santa a Gerusalemme e, piú recentemente per il la sagrestia della Basilica di Santa Maria alla Sanità per la quale hanno realizzato il Presepe Favoloso.
Parallelamente sono protagonisti di alcune mostre, tra cui: “Mostro…il Diavolo” del 2003, “Pulcinellarifavola” del 2004, il “Mondo sospeso” del 2005, “Natale2008” presso la Reggia di Caserta.
Al 2009 risale, invece, la mostra “Maninarte”, allestita presso Castel dell’Ovo, accompagnata da un testo di Luca Beatrice, che li vede più concretamente nelle vicende dell’arte contemporanea, così come confermeranno “Tradizione in Azione” ospitata negli spazi del Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore a Napoli, ancora nel 2009, e “La terra in una stanza” allestita nel 2016 presso la galleria Essearte.
Nel 2018 un loro lavoro viene selezionato in occasione di “Ceramic Now. 60º Premio Faenza” presso il Museo Internazionale della Ceramica.
Contestualmente Salvatore, recuperando il cognome Morales, in omaggio alla madre, intraprende un percorso autonomo, attraverso il quale dà corpo, attraverso la scultura, ad una maggiore sua vis polemica, legata all’osservazione di una società problematica, turbolenta, a tratti decadente e disumana.
A tale percorso appartengono opere quali Glu glu glu e Mamma negra, esposte per la prima nel 2019 presso gli spazi della Nabi Interior Design in occasione della mostra “Virginem = Parthena”.
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