di Nicola Mansi – Se volete fare un regalo al vostro spirito andate al “Palazzo delle Arti” di Minori, sedetevi, spegnete il cellulare e ascoltate, osservate. Quello che vedrete sarà uno spettacolo nello spettacolo.

Il primo vede la trasposizione di una “Filumena Marturano” sfrondata e asciugata dalla sapiente mano di Lucia Amato, regista del “Proscenio”, che restituisce al pubblico tutta la grandezza di uno dei capolavori di Eduardo De Filippo nella sua essenza.

Una essenza forte, drammatica, passionale che Margherita Rago interpreta alla sua maniera. Ed è, credetemi, una gran bella maniera! Filumena è per qualsiasi compagnia e qualsiasi attore/attrice un totem che incute soggezione, paura, è un banco di prova impegnativo e terribile che la compagnia della Città del Gusto ha domato in maniera sublime.

Andrea Reale, un don Domenico Soriano sui generis, affianca Filumena con una delle sue migliori interpretazioni, restituendo un personaggio credibile, strutturato, che tiene testa alla passionalità e bravura della Rago.

Il risultato non era scontato! Deliziosa la Rosalia interpretata da Trofimena Bonito, una chicca il racconto della sua vita in duetto con Alfredo (interpretato dalla solita presenza scenica di Enzo Oddo).

Mattia Ruocco, Valerio D’Amato e Lorenzo Petrosino, molto bravi nel restituire i tre diversi vissuti dei figli e i loro caratteri senza mai eccedere.

Diana: la tentazione della gioventù, il richiamo del proibito ha un vestito viola forse troppo pudico (scelta che dire coraggiosa è poco) e le sembianze di Anna Dumas che passa dalla spavalderia alla paura chiudendo il triangolo amoroso con grande classe.

A completare il cast un Monsignore davvero azzeccato (Tonino Mansi), una cameriera bella e maliziosa (Annamaria Esposito), un avvocato azzeccagarbugli il giusto (Salvatore Bonito).

Menzione a parte merita Antonetta Capriglione, le cui doti certo non scopriamo oggi, che dopo l’intensa e applauditissima Amalia della scorso anno, “taglia e cuce” sostituendo (in alcuni spettacoli) Armando Malafronte nel ruolo del sarto.

E questo è il primo spettacolo. Con le parole è difficile descrivere le emozioni che si vivono in alcuni passaggi.

Il monologo della Madonna delle Rose è sicuramente uno di questi, reso vivo e palpitante da Margherita Rago o nella resa dei conti tra Filumena e Domenico… quel “‘E figl so figl” fa gelare il sangue e stringe il cuore. Trattenere le lacrime è un’impresa!

Il secondo spettacolo è la scenografia: moderna, nuova, diversa, impreziosita da una serie di retroproiezioni che esaltano i personaggi. L’arredo di scena nonostante il suo essere minimal è l’attore in più assieme alle musiche di Gerardo Buonocore (in alcuni frangenti, forse ad un volume troppo alto) che fanno di questo progetto un lavoro da vedere e rivedere.

I complimenti, sempre pochi, vanno fatti in maniera convinta a tutti i tecnici per la cura dei dettagli e la qualità della realizzazione.

Cara Lucia Amato, “’E figl so figl” ma questo, sono sicuro che anche Filumena me lo concederà, merita qualcosa in più! Applausi.