Il ballatoio da cui cadde un’anziana donna, R.L. le iniziali, in Corso Vittorio Emanuele a Minori (poi deceduta al Ruggi di Salerno il 25 agosto del 2013), non è di proprietà privata: la “signoria” dei cinque proprietari delle abitazioni che vi si affacciano non può considerarsi come una dimostrazione di titolarità del bene.

Questo il principale motivo per cui la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di Appello sul caso – ai fini dei soli effetti civili – rinviandola al giudice competente. Il reati di omicidio colposo e cooperazione nel delitto colposo (articoli 113 e 589 del codice penale) per cui i possessori della balconata erano stati imputati, invece, risultano prescritti (essendo trascorsi oltre dieci anni dalla vicenda, ndr).

Nel mirino erano finiti l’altezza del ballatoio, di appena 66 centimetri, inferiore al minimo – di un metro – prescritto dalla legge ed il suo mancato adeguamento da parte dei proprietari del bene: tesi, quest’ultima, che era stata espressa dai giudici del Tribunale Civile di Salerno, che nel febbraio del 2021 si era pronunciato sulla questione.

Nella sentenza di primo grado la fonte della responsabilità colposa degli imputati era stata, infatti, ricondotta, all’onere generico di porre in condizioni di sicurezza l’accesso alla loro abitazione in quanto «effettivi gestori del ballatoio»; ha, in particolare, considerato che gli imputati esercitassero una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari, avendone l’uso pressoché esclusivo ed esercitando le funzioni di fatto corrispondenti, comprese le attività di manutenzione e custodia, provvedendo, «com’è logico supporre», alle ordinarie attività di pulizia e manutenzione del pianerottolo antistante l’accesso alle loro abitazioni.

Il giudice di primo grado fondò l’affermazione di responsabilità esclusivamente sull’omesso adeguamento dell’altezza del parapetto.

Tesi, nella sostanza, condivisa anche dai giudici di appello, che nella sentenza del hanno desunto che i proprietari delle due unità immobiliari che hanno accesso dalla balconata, che mai avevano interpellato le autorità per eseguire i predetti interventi, avessero esercitato sul luogo una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari, avendone un uso pressoché esclusivo ed esercitando le funzioni di fatto corrispondenti.

Gli ermellini hanno, tuttavia, smentito l’orientamento dei giudici d’appello: “Non è stata operata alcuna distinzione tra le singole posizioni e il fatto è stato attribuito sul presupposto di una posizione di garanzia de facto, in cui la condotta tipica si deve arricchire della precedente condotta che ha determinato l’insorgenza dell’obbligo di garanzia per ogni singolo imputato, senza che tale precedente condotta sia stata identificata“.

Non emergono dati concreti indicativi di una condotta pregressa che – si legge, ancora – abbia assunto le caratteristiche dell’esercizio dei poteri tipici della proprietà, avendo per tale profilo i giudici fatto riferimento al mero piastrellamento, non collocato nel tempo e non attribuito al singolo, di alzate laterali della scalinata di accesso al ballatoio. Manutenzione e pulizia del ballatoio sono comportamenti desunti in via congetturale“.

Dunque, non ci sarebbero prove tali da far considerare i possessori del ballatoio proprietari dello stesso e, quindi, responsabili della vicenda. E, in tal senso, non si potrebbero considerare come tali nè il piastrellamento nè tantomeno l’accatastamento compiuto da una delle persone originariamente imputate: “Non sono state evidenziate condotte identificabili con l’esercizio dello ius escludendi o con attività di manutenzione straordinaria. L’unico elemento specifico a tale proposito è l’attività amministrativa riferibile alla Sorrentino, non ricorrente, che ha accatastato il ballatoio, dimostrando un comportamento che giova ai ricorrenti, i quali non si sono opposti a un atto che avrebbe potuto qualificarsi come esercizio di signoria corrispondente al diritto di proprietà esclusiva“.

La questione tornerà, dunque, al giudice di primo grado, che avrà il compito di esaminare nuovamente la vicenda ai fini dei soli effetti civili.