“Affermare che i limoni della Costa d’Amalfi rischiano di sparire è un allarmismo che danneggia fortemente il comparto. Sono falsità che rischiano di penalizzare centinaia di aziende già alle prese con difficoltà climatiche ed economiche”.
Replica senza mezzi termini al grido d’allarme lanciato da Confagricoltura il presidente del Consorzio di Tutela “Limone Costa d’Amalfi IGP” e della locale Coldiretti Angelo Amato.
Una situazione di emergenza, quest’ultima, scoppiata in seguito all’ondata di caldo record che ha innescato una crisi che affonda le sue radici nel passato secondo Confagricoltura che, non a caso, ha attaccato il consorzio di tutela di inerzia nei confronti della problematica.
“I problemi sono legati esclusivamente ai fattori climatici – ha sostenuto, infatti, Amato – le abbondanti precipitazioni prima e il caldo intenso poi hanno messo a dura prova la limonicoltura“.
Secondo Amato, tutto sommato, la situazione sarebbe, complessivamente, migliore rispetto a quella vissuta da altri territori.
“Altrove hanno perso tutto. Qui siamo riusciti a recuperare il prodotto ma ovviamente la grande quantità di limoni, maturati tutti insieme, ha fatto diminuire i prezzi. E’ la legge del mercato“, ha, infatti, aggiunto Amato, che ha dunque respinto ogni accusa rivolta al consorzio di tutela e, anzi, ha evidenziato l’impegno dell’ente per migliorare la tenuta dei limoni nelle colture.
“E’ stata un’annata difficile ma stiamo già studiando soluzioni con l’Università degli studi di Salerno per salvaguardare e mantenere i prodotti al meglio sulle piante, soprattutto alle luce delle mutate condizioni climatiche degli ultimi tempi – ha aggiunto il presidente di Coldiretti – Per quanto riguarda le problematiche attinenti al nostro territorio, ci siamo già attivati presso gli organi competenti per trovare quanto prima una soluzione che possa venire incontro alle esigenze della limonicoltura in Costa d’Amalfi“.
Respinta, inoltre, anche l’ipotesi che vendere il limone della Costiera Amalfitana possa essere considerato come non più remunerativo, sempre a causa di una scarsa attenzione da parte del Consorzio di tutela.
“Dire che non sarà più remunerativo coltivare lo sfusato amalfitano – conclude Amato – significa danneggiare un settore vitale per il territorio, che vanta una produzione di 3 milioni annui, 300 imprese agricole impegnate nella coltura e un indotto economico e di occupazione importante per tutta l’area”.
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