La storia della Befana inizia nella notte dei tempi e discende da tradizioni magiche precristiane.

Il termine “Befana” deriva dal greco “Epifania”, ovvero “apparizione” o “manifestazione”. Si celebra nel giorno dell’Epifania, che solitamente chiude il periodo di vacanze natalizie, e cioè il 6 Gennaio.

La Befana nell’immaginario collettivo

La Befana è rappresentata, nell’immaginario collettivo, da una vecchietta con il naso lungo e il mento aguzzo, che viaggiando su di una scopa in lungo e in largo, porta doni, caramelle e dolci, a tutti i bambini.

Nella notte tra il 5 e il 6 di Gennaio, infatti, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle, la Befana vola sui tetti e, calandosi dai camini, riempie le calze lasciate appese dai bambini.

Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchina, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino.

Il mattino successivo, oltre ai regali e al carbone per chi è stato un po’ più cattivello, i bambini troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.

La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi.

Curioso personaggio, saldamente radicato nell’immaginario popolare e – seppure con una certa diffidenza – molto amato.

Fata, maga, generosa e severa… Ma chi è, alla fine?

Bisogna tornare al tempo in cui si credeva che nelle dodici notti fantastiche figure femminili volassero sui campi appena seminati per propiziare i raccolti futuri.

Gli antichi Romani pensavano che a guidarle fosse Diana, dea lunare legata alla vegetazione, altri invece una divinità misteriosa chiamata Satia (dal latino satiaetas, sazietà) o Abundia (da abundantia).

La Chiesa condannò con estremo rigore tali credenze, definendole frutto di influenze sataniche, ma il popolo non smise di essere convinto che tali vagabondaggi notturni avvenissero, solo li ritenne non più benefici, ma infernali.

Tali sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni diverse che sfociarono, nel Medioevo, nella nostra Befana.

C’è chi sostiene che è vecchia e brutta perché rappresenta la natura ormai spoglia che poi rinascerà e chi ne fa l’immagine dell’anno ormai consunto che porta il nuovo e poi svanisce.

Il suo aspetto laido, rappresentazione di tutte le passate pene, assume cosi una funzione apotropaica e lei diventa figura sacrificale. E a questo può ricollegarsi l’usanza di bruciarla.

Nella tradizione popolare però il termine Epifania, storpiato in Befana, ha assunto un significato diverso, andando a designare la figura di una vecchina particolare.

Si tratta di una vecchina rattrappita dagli acciacchi dell’età e dal freddo, con pochi denti, il volto grinzoso e talvolta un naso molto prominente per enfatizzarne la vecchiaia e la poca beltà dovuta all’età anagrafica.

L’aspetto da vecchia deriva da una raffigurazione simbolica dell’anno vecchio. In molte parti d’Italia, l’uso di bruciare o di segare in pezzi di legno un fantoccio a forma di vecchia rientrava invece tra i riti di fine Quaresima.

In quest’ottica, anche l’uso dei doni assumerebbe, nuovamente, un valore propiziatorio per l’anno nuovo

La Befana coincide quindi, in certe tradizioni, con la rappresentazione femminile dell’anno vecchio, pronta a sacrificarsi per far rinascere un nuovo periodo di prosperità.