State patendo anche voi il «supplizio» degli odori di nnoglie, pezzente e insaccati vari? Ancora qualche giorno di pazienza e poi via libera alle grandi abbuffate. Quelle di Pasqua, ovviamente, che sanciscono la fine del digiuno e delle privazioni. Le sei settimane di digiuno, ovvero quelle di Quaresima, utili ad assolvere i peccati di gola, culmineranno tra un po’ con la grande liberazione pasquale.

A primeggiare sulle tavole imbandite sarà ancora oggi, così come vuole la tradizione amalfitana, il «condimentum», ovvero strutto e carne di maiale presenti sia nella «minestra ammaritata» che nel «tortano ca ‘nzogne e pepe».

Una tradizione tipicamente della Costiera Amalfitana che sopravvive tutt’ora al tempo e all’insidia di nuove mode. Il tortano è una produzione tipica della zona ed è totalmente diverso da quello napoletano. Tale alimento, di forma tonda e ricoperto di lardo salato ed erbe aromatiche come il rosmarino, si consumava caldo. Poi l’estro culinario della zona ha creato i tortani, impastati con sugna, cigoli, pepe che, con l’aggiunta di qualche uovo incastrato sulla superficie, arricchiscono ancora oggi gli antipasti pasquali fatti di formaggi e soppressate.

Ma il piatto forte della tradizione costiera è senza dubbio l’agnello brodettato, meglio conosciuto come «’o beneritto». Presente da secoli nel banchetto pasquale di contadini e padroni, l’agnello a zuppa continua ad essere una costante delle tavole imbandite e assume questo nome per la presenza delle foglie di alloro aggiunte a cottura ormai ultimata. Agnelli e capretti, infatti, costituivano il dono che i coloni offrivano ai padroni in occasione della Pasqua. Ed è assai probabile che queste donazioni abbiano influito nell’accreditare la tradizione culinaria, ancora oggi in uso in moltissime famiglie, di consumare a Pasqua l’agnello brodettato e speziato.

La preparazione di questo piatto è estremamente semplice: dopo aver fatto soffriggere la cipolla nella sugna si aggiunge l’agnello tagliato a pezzi, preceduto da un dito d’acqua salata. Portare a ebollizione e aggiungere se occorre altra acqua bollente. A cottura ultimata sollevare la teglia dal fuoco e completare l’opera unendo uova sbattute, caciotta e caciocavallo grattugiati, pepe e foglie d’alloro.

Semplici e deliziosi sono poi i «casatielli» pasquali, morbidi dolcetti fatti di leggero pan di Spagna glassato con zucchero e minuscoli confetti colorati detti «diavolilli», prodotti ancora oggi dalla storica pasticceria Pansa. E’ questo, ormai da qualche secolo, il dolce tipico della Costiera, insieme con le pecorelle di zucchero da divorare durante le scampagnate del lunedì dell’Angelo.

Questo, secondo ciò che ci narrava Ezio Falcone, è il giorno del timballo di maccheroni fatto con ragù di cularda di manzo e maiale, polpettine, mozzarella, salame, uova, sugna e bucatini. Il tutto raccolto in una pasta frolla da un centimetro. A goderselo ancora oggi sono in tanti, almeno tra quelli che a pasquetta percorrono a piedi i sentieri della «Terra della Sirene». (© RIPRODUZIONE RISERVATA)