Pierfrancesco Favino, uno degli attori italiani più amati e apprezzati a livello internazionale, è sinonimo di talento e versatilità. La sua carriera straordinaria spazia dal teatro al cinema, dove ha regalato interpretazioni memorabili. Nonostante il successo, l’attore ha rivelato di convivere con una “malattia” che lo affligge da sempre.

Pierfrancesco Favino e la “malattia” che lo accompagna

Tra i volti più noti del cinema italiano contemporaneo, Pierfrancesco Favino ha costruito una carriera di grande prestigio. Ha interpretato ruoli iconici in film come Il traditore di Marco Bellocchio, che gli è valso tre David di Donatello, e Padrenostro, per il quale ha ricevuto la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia.

Nonostante i trionfi, Favino ha ammesso di convivere con una condizione che descrive come una “malattia incurabile”. Le sue stesse parole rivelano quanto sia legato alla sua professione:

“Ho una malattia incurabile di cui non riesco a liberarmi!”

La sua “malattia” non è di natura fisica, ma qualcosa di più profondo, legato alla sua dedizione totale al mestiere di attore.

Un legame viscerale con la recitazione

In un’intervista, Favino ha spiegato quanto sia assorbito dal suo lavoro e dal desiderio di migliorarsi continuamente. Questo approccio, che lui stesso paragona a una patologia, riflette la sua visione perfezionista:

“Sono un perfezionista in persona. Il regista Paolo Virzì diceva che ero vicino alla malattia.”

La passione per la recitazione lo spinge a esplorare ogni ruolo con profondità, trasformandolo in un interprete capace di emozionare il pubblico. Favino sa che il successo non arriva senza sacrifici, ma riconosce anche il valore della fortuna nel suo percorso:

“Ho fatto la gavetta, per fortuna. Ho sempre fatto l’attore con gioia. Quello che faccio mi fa stare meglio.”

Una carriera costruita con dedizione e umiltà

Favino è consapevole di avere ancora molto da imparare, nonostante i successi che ha collezionato. Questa umiltà lo ha portato a eccellere in ruoli complessi, come quello di Bettino Craxi in Hammamet (2019), che gli ha fruttato il Nastro d’Argento.

Ogni film è per lui un’occasione di crescita. Da Romanzo Criminale di Michele Placido a Gli anni più belli di Gabriele Muccino, Favino riesce a trasformare ogni personaggio in un’opera d’arte.

La “malattia” come simbolo di amore per l’arte

Quella che Favino definisce “malattia” è in realtà un legame profondo con il suo mestiere, un attaccamento che lo spinge a dare sempre il massimo. Questo perfezionismo, che a volte lo consuma, è anche il segreto del suo successo.