I Re Magi in realtà non erano tre, e i loro nomi non erano Melchiorre, Baldassarre e Gaspare.

Dei Magi, a cui la tradizione ha impropriamente aggiunto l’appellativo di “re”, sappiamo ben poco.

Le uniche notizie sul loro conto ci vengono dal Vangelo di Matteo, l’unico testo della Bibbia a narrare l’episodio dell’adorazione del Bambinello da parte di alcuni sapienti giunti dall’Oriente.

Un evento straordinario che la Chiesa celebra ogni anno il 6 gennaio, giorno della solennità dell’Epifania.

Ed è proprio da questa festa che dobbiamo partire per capire chi sono gli uomini che videro sorgere una stella in Oriente.

Quanti erano in realtà i Re Magi? E perchè questi nomi?

Ad identificarli con i nomi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare è stata la tradizione cristiana, influenzata da Marco Polo.

Polo, al capitolo trenta de Il Milione, scrive:

“In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son seppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re seppelliti anticamente”.

Ovviamente, nessuno di questi tre nomi è di origine persiana, né si può dire che abbiano un significato specifico.

I Magi seguivano una stella cometa:

 “Ed ecco la stella, che i Re Magi avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finche’ giunse e si fermo’ sopra il luogo dove si trovava il bambino”.

Gli annali astronomici cinesi segnalano, secondo gli esperti, l’apparizione di un oggetto brillante nel febbraio/marzo del 5 a.C.

Esso fu  visibile per circa 70 giorni tra le costellazioni dell’Aquila e del Capricorno e pertanto osservabile da Gerusalemme, in direzione sud, verso Betlemme.

Che questa congiunzione fosse conosciuta e seguita con molto interesse, lo attesta il ritrovamento da parte degli archeologi di due importanti reperti.

Il primo è un papiro egizio, che oggi si trova a Berlino, che riporta i movimenti dei pianeti tra il 17 ed il 10 d.C.

L’altro è una tavoletta di argilla scritta in caratteri cuneiformi, ritrovata nella città di Sippar, a nord di Babilonia, che contiene una serie di previsioni astronomiche proprio per l’anno 7 a.C.

Entrambi i reperti citano la straordinaria congiunzione tra Giove e Saturno che avvenne in quell’anno.

Evento che accade solo ogni 805 anni.

Il termine “Magi” e i doni

Nell’antichità greca si definivano «magi» alcuni saggi della Persia, molto esperti in astronomia.

Questi sapienti però non erano soltanto scienziati ma anche un po’ sacerdoti: soltanto loro sapevano interpretare certi «segni».

Essi li interpretavano nel cielo come profezie oppure annunci di sciagure e per questo erano molto ascoltati dal popolo, che chiedeva loro di prevedere il futuro.

Può darsi dunque che alcuni di tali studiosi, avendo scoperto qualcosa di insolito tra le costellazioni e dopo aver consultato i libri sacri che ne parlavano in collegamento con la nascita di qualche sovrano o condottiero, siano partiti «da oriente» per essere i primi a incontrarlo e a rendergli omaggio: magari per farselo amico, in vista della sua futura importanza.

E che cosa si porta a una personalità destinata a essere grande e potente?

Ovviamente dei doni degni di un re: uno scrigno d’oro, incenso come profumo e mirra, una costosa pomata che a quei tempi si usava per guarire le malattie o curare le ferite.

Quello che il Vangelo descrive si può dunque spiegare in questo modo, anche se avremmo voluto che Matteo ci spiegasse qualcosa di più.