La recente scoperta della Grotta delle Canne, anfratto sito tra Maiori e Minori è al centro delle recenti integrazioni all’esposto alla Procura della Repubblica, presentato nello scorso novembre da parte di tre cittadini dell’Antica Rheginna Minor, che avevano segnalato l’esistenza di cavità ancora inesplorate nell’area.

Una situazione, quest’ultima, da approfondire vista l’ipotesi di costruzione della variante in galleria tra i due centri costieri.

Determinante la visita ispettiva dell’anfratto, avvenuta il 15 Marzo scorso alla presenza del prof. Renato Ricco, speleologo, e del maresciallo dei Carabinieri Umberto Alfieri, entrambi appartenenti al gruppo Speleosub di Salerno, cui si erano rivolti i tre presentatori dell’esposto “preoccupati per il loro paese”. 

La cavità era censita dalla mappatura esistente come “esterna”: in seguito alla visita ispettiva, si è rivelata ben più estesa.

Una “grande tappa per la speleologia campana” di cui, dunque, tenere conto e su cui sollecitare l’attenzione non solo della Procura ma anche di istituzioni locali ed associazioni ambientaliste cui l’esposto è stato indirizzato, dalla Soprintendenza, all’Autorità di Bacino, al Club per l’Unesco Costa d’Amalfi, ai Comitati Ambientalisti.

Alla luce di queste scoperte, gli scriventi si sono detti “ancora di più preoccupati dalla mancata verifica della
correttezza e completezza delle informazioni e mappature esistenti e il mancato studio del reale stato di fatto della zona in questione, propedeutico ad un’opera così pericolosa ed invasiva per un territorio fragile e delicato come quello della Costiera Amalfitana“.

Non avendo avuto “riscontri dalle istituzioni preposte” e non avendo “trovato traccia di questi studi propedeutici nei siti ufficiali”, i tre cittadini che hanno presentato l’esposto si sono, dunque, rivolti, al gruppo Speleosub di Salerno. Che, in base alle testimonianze del prof. Ricco e del Maresciallo Alfieri è definibile come “una cattedrale di una bellezza incredibile”. 

Grotta delle Canne: la descrizione

Subito dopo l’ingresso a livello del mare, continua il dottor Ricco – si legge nell’integrazione all’esposto – c’è un tratto di risalita che porta ad un primo ambiente molto bello e suggestivo; dopo l’attraversamento di un altro tratto di altri 4 metri circa si arriva ad una stanza che misura 10m x 10m, a sua volta divisa in 3 sezioni da 5 m ciascuna progressivamente rialzati, formati uno da sabbia, uno da materiali di crollo, ma la cosa fondamentale e da evidenziare è che nell’ambiente intermedio si apprezza una frattura di 18 m di altezza la cui prosecuzione è tutta verticale, a 90°, tutta cava che presumibilmente arriva alla torre del Castello“.

Nell’integrazione si evidenzia, inoltre, la messa a repentaglio del paesaggio del luogo e potenziali ripercussioni sul “sistema idrogeologico” dati dalla “manomissione della roccia” derivanti dalla futura eventuale costruzione della Galleria.

Il progetto sarebbe, inoltre, carente anche “del piano obbligatorio di smaltimento dei rifiuti speciali”.

Un altro tema, non meno importante, al centro delle integrazioni presentate dai tre cittadini minoresi, è dato dalla progettazione, che secondo gli scriventi sarebbe avvenuta “in deroga al Piano Urbanistico Territoriale sancito dalla Legge 35/87, in presunta e potenziale “violazione” dell’articolo 15 e delle sue prescrizioni“.

Sebbene nel Put, infatti, fosse prevista la realizzazione di una galleria che avrebbe dovuto collegare Maiori a Marmorata, infatti, quest’ultima “non avrebbe alcuna attinenza con la variante in galleria tra gli abitati di Maiori e Minori che risulta, dunque, essere opera ex novo“.

Non risulterebbe, di conseguenza, “l’approvazione della Galleria in questione” da parte del Consiglio Regionale della Campania.

Di qui, due richieste al Procuratore da parte dei firmatari del documento: “Si chiede al Procuratore di chiarire e verificare: se i Comuni di Minori e di Maiori potevano procedere ad approvare ed affidare una nuova opera viaria, non compresa nella previsione delle opere pubbliche, senza che questa sia stata prima riesaminata dalla giunta regionale che, su istruttoria dei competenti uffici dell’assessorato regionale all’urbanistica, deve verificarne la conformità al piano urbanistico territoriale e senza aver poi ricevuto dal Consiglio regionale la relativa approvazione; se l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, qualora ricevesse gli studi di compatibilità idraulica e geologica, possa esprimere parere in merito alla realizzazione di un’opera priva dell’approvazione del Consiglio Regionale“.