Oggi, in occasione della Giornata Internazionale contro l’omobitransfobia, Il Collettivo UANM lancia l’hashtag #ApritiCostiera! L’obiettivo è quello di manifestare l’urgenza di una costiera realmente inclusiva, a tutela dei diritti di lesbiche, gay, bisex, transgender (LGBT+) che ogni giorno si scontrano e lottano con i pregiudizi di una mentalità ancora molto omofoba.

La Costiera è davvero un luogo accogliente per la comunità LGBT+? Lo abbiamo chiesto a chi ogni giorno vive sulla propria pelle le discriminazioni, gli insulti verbali e la violenza fisica di una costiera friendly solo di facciata. Cosa succede se l’omosessuale non è il turista miliardario ma la nipote lesbica di zia Filomena?

Nelle scorse settimane abbiamo rivolto a 55 persone residenti in costiera e appartenenti alla comunità LGBT+ il sondaggio “Omofobia in costiera amalfitana” per indagare le dinamiche e le contraddizioni dell’ecosistema locale quando si parla di omosessualità.

L’iniziativa è stata curata da #uanmLGBT+, rubrica del Collettivo UANM impegnata nel sostegno dei diritti della comunità LGBT+ in costiera amalfitana.

La Costiera non è gay friendly!

Ammettiamolo una volta per tutte, in costiera amalfitana domina una cultura sfacciatamente omofoba. Una cultura improntata sulla compiacenza e sulla reputazione di famiglia per cui va bene se sei gay ma “bast che a gent nun o ssap”, leggiamo tra le risposte al sondaggio.

Il 40% dei rispondenti al questionario ammette di avere timore di esprimersi liberamente perché il proprio orientamento sessuale non corrisponde alle aspettative sociali, come sposarsi in chiesa o formare una famiglia (40%), per il timore di subire violenze verbali e fisiche (29,1%) o per la paura di essere considerata una persona deviata (21,8%).

Possiamo facilmente immaginare quanto questo ambiente incida negativamente sul processo di coming out, ossia la dichiarazione pubblica della propria omosessualità: ci sono famiglie che accettano subito (35%), ma altrettante che accettano dopo un periodo più o meno lungo (26%), talvolta dopo aver minacciato il proprio figlio o la propria figlia di intraprendere un percorso psicologico o, nel peggiore dei casi, psichiatrico.

Il risultato è che tante persone LGBT+ della costiera vivono una vita fatta di sofferenza profonda. Molto spesso preferiscono trasferirsi in altre città. Il 44% dei rispondenti al nostro sondaggio, infatti, è già fuorisede e l’11% ha intenzione di andarsene in futuro.

Omofobia interiorizzata: quando incorporiamo l’odio verso noi stessi

Un ambiente socio-culturale ostile come quello della costiera amalfitana e l’omofobia più o meno spiccata delle proprie famiglie incidono profondamente sul benessere delle persone omosessuali.

Può accadere che a causa del rifiuto sociale nei confronti di questo orientamento sessuale, una persona LGBT+ interiorizzi, spesso inconsapevolmente, tutti i pregiudizi, i comportamenti e le opinioni discriminatorie tipici della cultura omofoba in cui è immersa. Questo può sfociare in un atteggiamento noto come omofobia interiorizzata, traducibile in sentimenti di disprezzo, avversione, nei confronti dell’omosessualità, propria e altrui.

L’omofobia interiorizzata può avere un impatto distruttivo sull’individuo, facendolo sentire sbagliato e causando bassa autostima, sensi di colpa, vergogna e sintomi di tipo depressivo. Nei casi più gravi questo malessere può sfociare in suicidio o comportamenti ad alto rischio. Dal nostro sondaggio è emerso che il 29,1% della comunità LGBT+ costiera ha contemplato almeno una volta gesti estremi, un altro 6% ci pensa spesso.

Perché è importante la Giornata Internazionale contro l’omobitransfobia

Oggi celebriamo la Giornata Internazionale contro l’omobitransfobia perché il 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità cancellò definitivamente l’omosessualità dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, definendola per la prima volta “una variante del comportamento umano”. A trent’anni da quel fatidico giorno non è cambiato molto. A giudicare dai dati del sondaggio, infatti, comprendiamo quanto l’omosessualità costituisca ancora un tabù nelle nostre piccole comunità.

Il 56,4% dei rispondenti considera la costiera come un luogo friendly, ma solo di facciata (nel caso di turisti o di matrimoni). Il 34,5% dichiara infatti di aver avuto difficoltà ad esprimersi nel proprio paese. “Si vive praticamente fingendo di non essere gay” leggiamo tra le risposte.

Il 74,5% ha subito insulti verbali. Il 22% in famiglia o da parte di amici o amiche, più del 50% da parte di conoscenti o sconosciuti. Più di 1 su 5 ha subito violenze anche fisiche.

Scopriamo che i contesti in cui ci si sente più discriminatә sono proprio quelli che dovrebbero fungere da riparo: la scuola per il 43,6% e le stesse famiglie per il 23,6%.

L’omosessualità non è contronatura

Ma da cosa dipende l’avversione nei confronti dell’omosessualità o di un orientamento sessuale diverso dall’eteronormatività? Ancora oggi sopravvive la tesi secondo la quale l’omosessualità sia contronatura.

Se consideriamo questo assunto dal punto di vista scientifico, ci rendiamo conto dell’infondatezza di questo pensiero poiché gay, lesbica o trans si nasce. Infatti, l’orientamento sessuale e l’identità di genere vengono determinati nel feto nei primi tre mesi di vita intrauterina, successivamente alla differenziazione sessuale. Tali caratteri fenotipici vengono influenzati da fattori genetici, biologici e neuroendocrini.

Pertanto, condannare l’omosessualità non significa forse proiettare sulla natura le costruzioni mentali e sociali tipicamente umane? L’essere etero, omo, bi o transessuale, infatti, non è altro che il frutto dello stesso processo naturale per il quale nasciamo più alti o più bassi, di costituzione robusta o più magri.

L’urgenza di una legge contro l’omobitransfobia in Italia: il ddl Zan

Secondo l’International Lesbian and Gay Association, su un totale di 49 paesi, l’Italia ricopre tristemente il 35° posto in materia di diritti LGBT+. È un dato che riscontriamo nella realtà poiché, a differenza di paesi come Spagna, Francia e Germania, nel Bel Paese, discriminare, insultare o minacciare di morte una persona perché lesbica, gay, bisex, trans o non binary, è punito come reato comune e non come crimine d’odio.

In Italia esiste una legge che punisce l’omobistransfobia? No, o meglio, non ancora. Dopo 24 anni di attesa sembra che qualcosa stia cambiando. Dopo cinque mesi di discussioni, rinvii e ostruzionismo politico il disegno di legge conosciuto come Zan, dal nome del deputato dem Alessandro Zan, si sta imponendo all’attenzione dell’opinione pubblica.

Il ddl Zan è un disegno di legge che intende introdurre misure di contrasto alle discriminazioni e alle violenze fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità della vittima. Inoltre, oltre a reprimere i crimini d’odio misogino, omotransfobico e abilista prevede una serie di azioni positive che puntano a prevenirli.

Combattiamo insieme per una costiera realmente aperta

I dati del sondaggio ci fanno comprendere che la battaglia per la rivendicazione dei diritti della comunità LGBT+ è ancora lunga. Eppure qualcosa è già cambiato poiché le nuove generazioni di lesbiche, gay, bisex, trans e non binary della costa hanno una consapevolezza mai avuta prima.

Oggi e sempre lottiamo per una costiera dove tuttə possano uscire di casa ed essere se stessə. Una costiera in cui non ci sia bisogno di spiegare al nonno perché “ricchi*ne” non è un complimento.

Il Collettivo UANM oggi celebra la Giornata Internazionale contro l’omobitransfobia e sostiene con orgoglio il disegno di legge Zan per rivendicare una legge di civiltà e di libertà che valorizzi la bellezza di tuttə noi.

Che società vogliamo per le future generazioni? La risposta dipende solo da noi.

Per contattare il Collettivo UANM puoi scrivere a [email protected]

Facebook https://www.facebook.com/collettivouanm
Instagram https://www.instagram.com/collettivouanm/
Youtube https://bit.ly/Collettivo-UANM