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Sul legame tra Giulio Andreotti e la morte di Mino Pecorelli si è detto e scritto tantissimo negli ultimo quaranta anni.
L’omicidio del giornalista Mino Pecorelli rimane una delle questioni più misteriose e intriganti della storia italiana recente. ‘Il Divo e il Giornalista’ – le mezze verità di un processo dimenticato, scritto dai giornalisti Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno e pubblicato nel 2019, fornisce una lente di ingrandimento sulla vicenda, raccontando in modo lineare e accurato il periodo più buio della storia d’Italia.
Secondo quanto riferito nel libro, Pecorelli aveva il dono di prevedere gli eventi. Non solo rivelò il caso Italcasse e i movimenti finanziari del giovane imprenditore Silvio Berlusconi, ma espose anche il ruolo dei servizi segreti deviati nell’assistere la fuga di Guido Giannettini dopo l’attentato di piazza Fontana nel 1969. Pubblicò storie su Licio Gelli e la P2, l’elenco dei mille che Sindona aveva usato per trasferire illegalmente capitali all’estero e gli assegni illeciti girati da Andreotti a varie società.
Inoltre, Pecorelli fu il primo a pubblicare l’indirizzo del covo dove le Brigate Rosse tenevano prigioniero Aldo Moro. Affermò che il volantino n. 7, che indicava il lago della Duchessa come luogo in cui trovare il cadavere di Moro, era un falso creato dai servizi segreti italiani su suggerimento della CIA.
Il 20 marzo 1979, Mino Pecorelli fu assassinato con quattro colpi di pistola. A causa della sua tenacia nel riportare la verità, Pecorelli fece molti nemici. “Poche, pochissime persone, se solo avessero voluto, avrebbero potuto raccontarci la dinamica di interessi e di rapporti personali che ha condotto alla deliberazione e all’attuazione dell’omicidio,” afferma il magistrato Fausto Cardella nella prefazione del libro.
Nel processo svoltosi al Tribunale di Perugia per l’omicidio di Pecorelli, Giulio Andreotti, all’epoca presidente del Consiglio dei ministri, fu messo sul banco degli imputati come mandante. Mentre la figura del mandante rimane un mistero, la complessità della vicenda, insieme alle rivelazioni e alle testimonianze presentate nel libro di Fiorucci e Guadagno, offre una serie di indizi e suggerimenti.
Carmine Pecorelli era conosciuto come un’avventuriero audace e scanzonato del giornalismo. Pur essendo la sua passione posta al servizio di valori e scelte discutibili, era chiaramente autentica. Attraverso la sua rivista settimanale “OP” (Osservatorio Politico), era riuscito a penetrare le profondità oscure del potere italiano e ad esporre la verità al pubblico. Per questo motivo, la sua morte rimane una ferita aperta nella storia italiana.
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