Ritrovare e riscoprire l’alleanza tra le varie “agenzie educative”, sviluppando una sinergia tra famiglia, scuola ed educatori. Sono queste le azioni da seguire secondo don Aniello Manganiello, sacerdote di frontiera – oggi alla guida della parrocchia di Santa Maria della Provvidenza a Scampia – che ha fatto della cultura della legalità la sua più profonda ragione di vita.
Un’azione congiunta necessaria in tutto il Sud, contesto in cui la mafia ha tentato il salto di qualità, avvicinandosi non solo al mondo dell’imprenditoria ma anche a quello delle istituzioni. Protagonisti dell’incontro “Legalizziamo la legalità” svoltosi martedì al Salone Morelli del Comune di Amalfi, che ha visto in dialogo il prete guanelliano con Annamaria Torre, la figlia di Marcello, sindaco di Pagani ucciso barbaramente dalla camorra nel dicembre del 1980, i ragazzi dell’Istituto “Marini-Gioia” di Amalfi, che hanno potuto prendere parte ad un’occasione di formazione unica ed emozionante.
Don Manganiello, da sempre, nella sua esperienza pastorale, ha mostrato grande vicinanza ai giovani: quanto è importante
“C’è da fare una premessa assai importante: nell’essere vicini ai ragazzi è fondamentale riscoprire l’importanza dell’alleanza tra le diverse agenzie educative. Se continuiamo ad operare con i giovani alla maniera di Cicero pro domo Sua penso che non avremo grossi risultati. Dobbiamo rimetterci insieme: le associazioni, la Chiesa, le istituzioni, la scuola, le famiglie”.
Da dove nasce il corto circuito che ha portato a un incremento delle situazioni di disagio nel mondo giovanile?
“Il grande problema di oggi è che è difficile coinvolgere: lo vedo io non solo nella catechesi per i ragazzini ma lo vedo anche nella gestione della società sportiva che ho fondato a Scampia nel 1994, composta da 13 squadre. Specie nelle categorie composte dai più piccoli si fa un’enorme fatica a far comprendere ai più piccoli che non è tanto fondamentale che il bambino diventi un campione. Dobbiamo dare una mano affinché l’umanità di quel bambino possa essere preparata culturalmente, con l’acquisizione di valori. Su questo davvero troviamo spesso un muro da parte delle famiglie“.
Ciò con delle ripercussioni non indifferenti anche sul fronte delle dipendenze, che dilagano tra i giovani. Una situazione, questa, che vede la regia della criminalità organizzata.
“I genitori negano sempre situazioni di disagio che i figli possano vivere, negano addirittura che un bambino possa aver bisogno di logopedia o di un accompagnamento psicoterapeutico. Possibile che i genitori non se ne accorgano? Non bisogna pensare che un figlio sia necessariamente il più bello, il pi intelligente ed il più capace. Il vero amore per un figlio è dato dall’attenzione alla sua personalità, ai suoi pregi, ai suoi difetti ed ai suoi limiti. Se un figlio ha bisogno di un percorso psicoterapeutico, non c’è nulla di male. Per questo occorre riscoprire l’alleanza tra le varie agenzie educative“.