Nel film il curioso caso di Benjamin Button si racconta anche di una malattia che non a caso porta il nome della sindrome di Benjamin Button.
La storia alla base del film non è nata dal nulla. È tratta da un racconto di Francis Scott Fitzgerald, l’autore de “Il grande Gatsby“, pubblicato nel 1922. Tuttavia, Fitzgerald ha chiarito che il suo racconto non è basato su eventi reali, ma piuttosto su una riflessione di Mark Twain sul ciclo della vita, in cui le gioie arrivano all’inizio e le difficoltà alla fine.
A differenza della narrazione di Fitzgerald, fin dal XIX secolo è nota una malattia molto rara, chiamata sindrome di Hutchinson-Gilford o, più comunemente, Progeria. Questa malattia presenta alcuni sintomi che ricordano vagamente quelli del personaggio di Benjamin Button.
La sindrome prende il nome dai due scienziati che per primi hanno descritto la malattia: Jonathan Hutchinson, che l’ha identificata per la prima volta nel 1886, e Hastings Gilford, che ha ulteriormente approfondito il suo studio nel 1904.
La Progeria è una laminopatia, una malattia causata da alterazioni della lamina A o delle proteine ad essa collegate. Questa alterazione porta a un invecchiamento precoce delle cellule. I sintomi compaiono già entro i primi due anni di vita e includono problemi di crescita come bassa statura e comparsa tardiva dei denti, anomalie cranio-facciali come una testa insolitamente grande (macrocefalia), e altri segni tipici dell’invecchiamento come pelle rugosa, calvizie e problemi alle articolazioni.
Il nome “Progeria” deriva dal greco e significa “che invecchia prematuramente”. E, contrariamente al caso di Benjamin Button, chi soffre di Progeria non ringiovanisce. Molto spesso, i pazienti muoiono in adolescenza, con un’età media di 12 anni, a causa di complicanze legate all’invecchiamento, come malattie cardiovascolari e osteoporosi.
Nel 2003, gli scienziati hanno identificato il gene responsabile della Progeria. Tuttavia, nonostante i progressi nella comprensione della malattia, non è stata ancora trovata una cura. Fortunatamente, esistono gruppi di supporto che aiutano chi è affetto dalla sindrome e le loro famiglie a affrontare le sfide quotidiane legate a questa condizione.
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