È stata un’autobomba quella che ha ucciso il giudice Borsellino 30 anni fa, alle 16:58 del 19 luglio 1992. L’autobomba, che conteneva circa 100 chili di tritolo, è esplosa a Palermo, in Via D’Amelio, nei pressi dell’abitazione della madre del magistrato. Quel giorno era una domenica e Borsellino era stato a pranzo con la sua famiglia, con la moglie e con i figli.
Poi, accompagnato dalla scorta, si è spostato dalla casa al mare a Villagrazia di Carini nel cuore di Palermo, per andare a trovare la madre e la sorella. Lì avvenne il fatto, una strage per la quale ancora dopo tanti anni si è alla ricerca della verità.
La risonanza nella stampa dell’epoca
L’esplosione in cui è stato coinvolto il giudice Borsellino è stata davvero molto violenta. Allora Borsellino aveva 52 anni ed era stato nominato procuratore aggiunto nel capoluogo siciliano. Oltre a lui morirono gli agenti della scorta. Si trattava di Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano ed Emanuela Loi, la prima donna della polizia ad essere uccisa per ragioni di servizio.
Tutti gli agenti avevano un’età compresa tra i 22 e i 43 anni. L’unico uomo della scorta di Borsellino che riuscì a salvarsi è stato Antonio Vullo. Infatti l’agente, quando esplose l’autobomba, stava tornando indietro per parcheggiare una delle auto su cui viaggiavano gli uomini della scorta.
Nella stampa dell’epoca la strage di Via D’Amelio ha avuto particolare risonanza. Per esempio un’agenzia Ansa, la prima lanciata a quell’epoca, parlò chiaramente di un attentato dinamitardo con il coinvolgimento di molte automobili e feriti.
La strage di Via D’Amelio si è verificata 57 giorni dopo che la criminalità organizzata aveva ucciso Giovanni Falcone, un altro magistrato dell’epoca, che ha perso la vita insieme alla moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta che si chiamavano Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
La lotta per la verità
A molti anni dalla strage ancora non si sa esattamente quali sono stati gli uomini coinvolti o responsabili materialmente nell’omicidio di Paolo Borsellino. Come hanno dichiarato i familiari del giudice che è stato ucciso nel 1992, è molto importante che lo Stato si impegni per fare luce su questa vicenda.
Sicuramente c’erano degli interessi molto più ampi rispetto a quelli che si possono pensare. Inoltre, dopo la strage di Via D’Amelio, le scelte investigative che sono state portate avanti nel tempo non si sarebbero rivelate del tutto corrette. Si parla di superficialità, si parla di depistaggio. Sono stati fatti molti processi che hanno coinvolto diversi uomini della criminalità organizzata.