In pochi conoscono la vera storia di Silvano Girotto, il cui nome è associato alle vicende delle Brigate Rosse. La sua vita è stata a dir poco burrascosa e ha contribuito all’arresto di due brigatisti negli anni di piombo. Conosciamolo più da vicino.
Silvano Girotto nasce il 3 di aprile del 1939 a Caselle Torinese ed era figlio di un noto maresciallo dei Carabinieri. Quando era solo un ragazzo era spinto dalla voglia di conoscere, sperimentare e forse era troppo assetato di avventura. Tutti elementi che lo spinsero ad oltrepassare il confine con la Francia clandestinamente.
A soli 17 anni però, viene fermato dai gendarmi francesi che lo costrinsero, per evitare l’arresto, ad arruolarsi nella Legione straniera. Viene quindi inviato in Algeria in cui l’esercito francese era in prima linea nella guerra contro il Fronte di liberazione nazionale. Nel 1958 ebbe la forza di disertare ed erano passati solo tre mesi, poiché in disaccordo con la tortura a cui gli algerini catturati erano sottoposti.
Quando fece rientro in Italia venne coinvolto in una rapina in una tabaccheria e nonostante il suo ruolo fosse marginale, venne arrestato insieme al resto della banda. Ed è proprio all’interno delle carceri di Torino che matura l’idea religiosa. Ad ottobre del 1963 indossa il saio dell’Ordine Francescano e assume il nome di Frate Leone. A giugno del 1969 viene nominato prete a Torino.
La sua attività pastorale si svolse tra i giovani politicizzati ed era una figura molto vicina al Partito Comunista. Per questo motivo venne soprannominato Il Prete Rosso, ma questo gli costò la revoca dell’autorizzazione a predicare. Nel 1969 riesce a sedare, con il ruolo da mediatore, le rivolte nelle Carceri Nuove di Torino e a seguito di ciò chiede ai superiori di inviarlo nel Terzo Mondo come missionario.
La richiesta di Frate Leone venne accolta e fu mandato in Bolivia, in quel tempo uno dei Paesi più poveri dell’America Latina. Durante il colpo di stato nella capitale La Paz, nel 1971, si schiera con gli studenti, contadini e operai che tentavano in tutti i modi di reagire contro un regime progressista di Juan José Torres.
Lo scontro fu sanguinoso e lasciò alle sue spalle tanti, forse troppi, morti. Tra i feriti c’era anche Silvano Girotto che scelse di abbandonare il saio e di abbracciare la clandestinità. Quando raggiunse il Cile, si ritrovò in mezzo al Golpe di Pinochet e anche questa volta si schiera con il popolo. Viene nuovamente ferito e si rifugia presso l’ambasciata italiana. Nel 1973 viene rimpatriato.
Mentre si trovava in latitanza, Girotto venne espulso dalla curia provinciale di Torino dall’Ordine Francano poiché aveva preso parte alla lotta armata. Fu proprio a causa di tutti questi eventi che le testate giornalistiche parlavano di lui come Frate Mitra.
Rientrato in Italia, dopo tutto quello che avevo passato, decide di collaborare con le forze dell’ordine e tutto nasce a seguito della lettura di un articolo. Tra le righe infatti, Girotto veniva dipinto come un uomo informato dei segreti delle Brigate Rosse e che quindi poteva essere fondamentale il suo aiuto per liberare il magistrato Mario Sossio. Quest’ultimo, in quei giorni, era proprio prigioniero delle BR.
Per questo motivo, a detta di alcuni, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa decise di contattare Frate Mitra. Fu il capitano Gustavo Pignero a proporgli una collaborazione. Dopo aver riflettuto per qualche giorno, Silvano Girotto accetta. I brigatisti erano comunque a conoscenza di Frate Mitra grazie ai giornali di quell’epoca.
Il primo incontro tra Girotto e i brigatisti avvenne a Pinerolo dove incontrò di persona il capo dell’organizzazione, Renato Curcio, che testò le sue intenzioni e le reputò genuine e idonee al gruppo. Dopo poche settimane avrà luogo un secondo incontro in cui sarà presente anche Mario Moretti. Proprio in questa occasione viene proposto a Girotto di entrare nel gruppo dei brigatisti per addestrare i militanti per la guerriglia urbana.
L’8 di settembre era previsto il terzo incontro, ma questa volta Silvano si presenta con i Carabinieri che avevano documentato tutti i movimenti precedenti. Alberto Franceschini e Renato Curcio vennero arrestati ed erano entrambi i fondatori e capi delle Brigate Rosse.
Il ruolo che ha avuto Silvano Girotto è stato quello di infiltrato anche se lui ha ammesso di non essere mai entrato nelle Brigate Rosse, ma di aver collaborato solo nell’arresto.
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Dopo la fine di tutta questa storia e dopo l’arresto di Curcio e Franceschini, Silvano rinuncia alla protezione e comincia la sua nuova vita, con un’altra identità. Insieme alla moglie boliviana, conosciuta in Bolivia, ebbe due figlie che ad oggi sono due donne adulte e laureate e lui ha fatto diversi lavori. Testimoniò ancora contro le Brigate Rosse e nel 2002 fece una richiesta particolare.
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Poco prima di partire per una missione volontaria con la compagna, chiese di poter incontrare le due persone che aveva fatto arrestare (Curcio e Franceschini) ormai divenuti liberi dopo aver scontato anni in carcere con accuse molto pesanti. L’incontro è avvenuto grazie a Suor Teresilla Barillà e mentre Curcio era molto riluttante nonostante non manifestasse rancore, Franceschini accettò di incontrarlo e stabilirono un rapporto di amicizia.
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