Dopo ben 40 anni finalmente arriva la sentenza di omicidio per il delitto di Arce, quando morì, in circostanze misteriose, la giovane Serene Mollicone. Perché ci sono voluti tanti anni per arrivare alla verità? Sapete che lei non è stata l’unica vittima? Una storia raccapricciante.
Chi era Serena Mollicone? La vittima
Una ragazza solare, amichevole, con un profondo senso della giustizia ed è proprio questo che l’ha portata alla morte. Serena mollicone aveva appena 18 anni quando fu ritrovata morta nella zona di Arce, lei viveva a Sora. Orfana di madre, a causa di un tumore, viveva con il padre Guglielmo, maestro elementare.
La ragazza aveva notato che nel paese iniziava a girare della droga. Quando scoprì il pusher decise di denunciarlo. Questa fu la sua condanna, come mai? Perché lo spacciatore era Marco Mottola figlio maschio del maresciallo dei carabinieri della caserma del Paese.
Serena Mollicone provò a fare la denuncia, ma secondo la ricostruzione dell’accaduto, si è trovata da sola. Il maresciallo ha chiamato il figlio e sono iniziate le minacce. Ne è scaturita una lite e Marco Mottola ha sbattuto la testa della ragazza contro la porta dell’ufficio della caserma, fracassandole il cranio.
Il corpo venne poi occultato e gettato, qualche giorno dopo, in una zona che i carabinieri avevano ispezionato in seguito alla denuncia del padre. Quest’ultimo fu il primo a notare che, il giorno della sua denuncia per la sparizione della figlia, la caserma aveva cambiato la porta, ma spostandola in altro ufficio.
Il depistaggio del delitto di Arce
Il delitto di Arce è stato un continuo depistaggio, eseguito, secondo quanto scoperto oggi, proprio dai carabinieri sotto il comando del maresciallo Mottola. Il padre di Serena Mollicone non si è mai arreso e tra informazioni, sospetti, ritrovamenti di informazioni, testimonianze indirette di una lite accaduta all’interno della caserma, si è arrivati oggi alla verità.
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Un aiuto importante lo ha dato la tecnologia. La ricostruzione in 3D del cranio della ragazza, sul cranio originale recuperato dalla salma, comparate alla ricostruzione della porta, di cui non si erano liberati negli anni, ha permesso di capire quale fosse stata la dinamica. Inoltre ci sono state delle testimonianze della lite e si è scoperto il movente.
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Nel corso degli anni c’è stato il suicidio, con dinamica anomala, tant’è che si pensa ad un omicidio, del carabiniere Santino Tuzi. Quest’ultimo, dopo molti anni, lasciò la denuncia che la ragazza era stata all’interno della caserma per denunciare Marco Mottola. Quando fu fissato l’appuntamento per parlare dell’accaduto, venne ritrovato morto. A condurre le indagini e a dichiarare il suicidio, c’era sempre a capo il maresciallo Mottola. Grazie a Santino Tuzi venne riaperto il caso.
Oggi le condanne chieste sono di 30 anni per il maresciallo Mottola e 24 per Marco Mottola. La moglie e la figlia, accusate di favoreggiamento e occultamento di cadavere, 24 anni e 15 anni.