Renato Carosone è stato un cantautore, pianista, direttore d’orchestra e compositore italiano.
Renato Carosone (per l’anagrafe Carusone) nacque il 3 gennaio 1920 a Napoli. Manifestò prestissimo la sua schietta passione per la musica cominciando a suonare un vecchio pianoforte della madre, scomparsa prematuramente nel 1927.
Per volontà del padre, impiegato al botteghino del Teatro Mercadante e suonatore dilettante di mandolino, iniziò a studiare sotto la guida del maestro Orfeo Albanese, fratello del famoso soprano Licia.
Quattordicenne, scrisse Triki-trak, la sua prima composizione per pianoforte, e l’11 maggio 1935 fu scritturato dal teatrino dell’Opera dei Pupi di don Ciro Perna.
Nel 1937, a soli diciassette anni, si diplomò in pianoforte al Conservatorio di San Pietro a Majella. Nello stesso anno fu scritturato da una compagnia di arte varia diretta dal capocomico Aldo Russo, con la quale si imbarcò il 27 luglio per l’Africa Orientale Italiana.
Qui si innamorò di una delle ballerine di maggiore spicco, Italia Levidi, detta Lita, veneziana di nascita. I suoi sentimenti furono ricambiati e i due si sposarono a Massaua il 2 gennaio 1938. Il 28 maggio 1939 nacque, a Roma, il figlio Giuseppe, detto Pino, futuro ingegnere elettronico.
Poco dopo, il giovane musicista dovette trasferirsi ad Addis Abeba, dove passò alcuni mesi come direttore d’orchestra all’Aquila Bianca. Nel giugno del 1940, allo scoppio della seconda guerra mondiale, fu chiamato alle armi e venne inviato al fronte della Somalia italiana.
Carosone fu invitato a formare un trio per un nuovo locale a Napoli, lo Shaker Club.
Quando nel 1952 l’olandese Van Wood lasciò il trio per trasferirsi a New York e continuare la propria carriera come solista, Carosone e Gegè ricostituirono il gruppo, che divenne dapprima un quartetto quando entrarono a farne parte, per un breve periodo, il chitarrista Elek Bacsik e il cantante Ray Martino, il quale incise sia melodie napoletane come Luna rossa e ‘Nu quarto ‘e luna, che pezzi umoristici come Papaveri e papere e Buona Pasqua.
La prima trasformazione avvenne all’inizio del 1953 con l’entrata in scena del chitarrista Franco Cerri e del cantante Claudio Bernardini. In seguito, Piero Giorgetti entrò nel complesso al posto di Claudio Bernardini, che continuò la carriera in altre formazioni. Il gruppo si assestò definitivamente con l’aggiunta di Alberto Pizzigoni alla chitarra e di Riccardo Rauchi ai fiati (sassofono e clarinetto).
Il 3 gennaio 1954, alle tre del pomeriggio, Carosone si presentò agli italiani attraverso il piccolo schermo, che aveva appena quattro ore di vita, con il primo programma musicale, L’orchestra delle quindici. Lui e i suoi compagni furono i primi musicisti ad apparire in televisione.
Il primo successo commerciale dell’artista napoletano fu Maruzzella, composta da Carosone su testo di Enzo Bonagura in quello stesso anno. Accanto a Maruzzella, Carosone pescò tra i successi della musica napoletana di quegli anni e li fece suoi, arrangiandoli secondo il proprio gusto.
Tra questi ci furono Malafemmena di Totò, Scapricciatiello, lanciata da Aurelio Fierro alla Piedigrotta Bideri del 1954, e Anema e core, che una notte del 1955, a Napoli, per esaudire il desiderio di un cliente, Carosone presentò con la propria voce. A queste, si aggiunsero La donna riccia di Domenico Modugno, arricchita da una serie di vocine metalliche (già presenti ne …e la barca tornò sola), Eh, cumpari!, Ufemia, La pansè, cantata da Di Giacomo (prima posizione nei Paesi Bassi per quindici settimane), ed Eternamente (o Arlecchinata).
Il 4 giugno 1955 fu inaugurato un locale destinato a diventare il tempio della musica leggera italiana, la Bussola di Focette, in Versilia, diretta da Sergio Bernardini. Il 2 luglio Carosone inaugurò la stagione estiva, a pochi giorni dall’uscita di Carosello Carosone nº 2.
Nello stesso anno scrisse un pezzo originale intitolato Mo’ vene Natale e andò addirittura a ripescare un classico napoletano del 1888, firmato da Salvatore Di Giacomo, ‘E spingole frangese. A questi due, affiancò alla fine dello stesso anno Io, mammeta e tu, esilarante brano di Pazzaglia e Modugno.
Nel 1956, a Milano, Carosone incontrò casualmente il paroliere Nisa, al secolo Nicola Salerno, durante un concorso radiofonico indetto dalla Ricordi.
Nisa presentò a Carosone i testi da musicare, uno dei quali si intitolava Tu vuò fà l’americano. Il pezzo ispirò subito Carosone, il quale combinò musica swing e jazz al pianoforte, realizzando un boogie-woogie in un solo quarto d’ora. Nacque così la canzone più famosa di Carosone, che divenne poi un successo planetario. Da quel primo incontro nacquero altri due ottimi brani: ‘O suspiro e Buonanotte. Fu l’inizio di una felice e prolifica collaborazione.
Nel 1957 nacque Torero, il maggiore successo di Nisa e Carosone.
Dopo una lunga serie di concerti in Europa, il Sestetto Carosone, con l’aggiunta del percussionista Aldo Pagani, sbarcò a Cuba, inaugurando una memorabile tournée americana. Dopo Caracas e Rio de Janeiro, il 6 gennaio 1958 il gruppo di Renato Carosone approdò alla Carnegie Hall di New York, fino ad allora riservata alla musica classica, con un’eccezione fatta soltanto per il clarinetto jazz del mitico Benny Goodman, che aveva presentato il suo quartetto nel 1938.
Nel frattempo, parallelamente a Piccolissima serenata, ‘A sunnambula, ‘A casciaforte e Lazzarella nacque un altro grande hit firmato dall’accoppiata Carosone-Nisa, Pigliate ‘na pastiglia.
Il 7 settembre 1959, al culmine del successo, Renato Carosone si ritirò inspiegabilmente dalle scene. L’annuncio avvenne durante la trasmissione televisiva Serata di gala, presentata da Emma Danieli. Per gli italiani fu uno shock: non era comprensibile come un musicista al massimo della fama avesse potuto abbandonare tutto senza spiegazioni.
Dopo ben quindici anni di astinenza dalla musica, il 9 agosto 1975 Renato Carosone tornò a mostrarsi in pubblico alla Bussola di Focette, su invito di Sergio Bernardini. Carosone ebbe a disposizione una big band di diciannove elementi e le telecamere della Rai ripresero la serata sul primo canale il 30 agosto alle ore 20:30 con un’apposita trasmissione intitolata Bentornato Carosone.
Il 22 marzo 1993 Renato fu colpito da aneurisma cerebrale e venne ricoverato d’urgenza nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale romano San Camillo, dove fu sottoposto ad un laborioso intervento. Tuttavia, riuscì a superare la malattia e poté continuare a dedicarsi alla musica e alla pittura, tanto che, il 13 novembre dello stesso anno, il maestro ebbe l’opportunità di mostrare la sua produzione pittorica in pubblico, grazie a un’esposizione presso la Villa Pompeiana di Napoli.
Il 26 ottobre 1996 Carosone ricevette a Sanremo il Premio Tenco per il rinnovamento apportato alla canzone napoletana e, in occasione della festa di Capodanno del 1998, diede il suo ultimo concerto in Piazza del Plebiscito a Napoli, alla presenza di duecentomila persone.
Nel 2000 Carosone, già sofferente di enfisema, pubblicò la propria autobiografia, Un americano a Napoli, scritta in collaborazione con il giornalista Federico Vacalebre.
Renato Carosone morì nel sonno la mattina del 20 maggio 2001 nella sua casa di Roma.
Ai suoi funerali, celebrati due giorni dopo nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo, parteciparono circa quattromilacinquecento persone. Il musicista fu poi cremato e sepolto nel cimitero di Trevignano Romano.
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