Maria Sestina Arcuri era una ragazza di ventisei anni, piena di vita e con il sogno di diventare parrucchiera. Originaria di Nocara, un piccolo paese in provincia di Cosenza, si era trasferita a Roma per costruirsi un futuro e realizzare la sua passione per l’acconciatura e la cura della bellezza. Lavorava in un salone di bellezza nel quartiere Africano, dove si distingueva per il suo impegno e la dedizione al lavoro. Il suo datore di lavoro aveva dichiarato: “Stava per essere promossa come responsabile del salone, si dava molto da fare, era bravissima e voleva emergere”. Tuttavia, la sua vita è stata spezzata prematuramente dal fidanzato, Andrea Landolfi, condannato per il suo omicidio a ventidue anni di carcere.
La serata al pub e il tragico ritorno a casa
Il dramma si è consumato tra il 3 e il 4 febbraio 2019 a Ronciglione, in provincia di Viterbo, dove Maria Sestina e Andrea Landolfi avevano deciso di trascorrere il fine settimana insieme al figlio di lui. Dopo una serata in un pub, tra la coppia è scoppiata una discussione, immortalata dalle telecamere di sorveglianza. Nelle immagini, si vedeva Sestina apparire titubante, quasi riluttante a tornare a casa con Andrea.
Tornati alla villetta della nonna di Landolfi, la situazione è precipitata. Tra l’1:50 e le 2 del mattino, si è verificato l’evento fatale: Landolfi ha spinto Sestina giù dalle scale. Nonostante la gravità delle sue condizioni, l’uomo ha atteso fino alle 6 del mattino prima di chiamare i soccorsi. Sestina è stata trasportata d’urgenza all’ospedale Belcolle di Viterbo, dove è arrivata in condizioni disperate, riportando traumi gravissimi e un’emorragia. Nonostante un intervento chirurgico, è deceduta due giorni dopo.
Le testimonianze e le “prove schiaccianti”
Un elemento cruciale nel processo è stata la testimonianza della nonna di Landolfi, Mirella Iezzi, presente in casa al momento della tragedia. La donna aveva dichiarato a Fanpage: “Li ho visti scivolare tutti e due e si sono fermati sotto al camino. Mio nipote gridava di dolore pensando che si fosse rotto il bacino. L’ho fatta sedere sulla poltrona e le ho detto: amore, come ti senti? E lei mi ha risposto: sto bene nonna, quello che mi fa male è dietro la schiena”. La nonna ha lasciato l’abitazione poco dopo l’incidente, omettendo di chiamare immediatamente i soccorsi.
L’avvocato della famiglia Arcuri, Vincenzo Luccisano, ha rivelato che gli indizi raccolti dalla Procura erano “schiaccianti”. Secondo l’autopsia, le ferite di Sestina erano compatibili con una caduta accelerata dall’alto, indicando che era stata lanciata volontariamente. Le lesioni, inclusa una ferita fatale al cranio, non potevano essere spiegate con una semplice caduta accidentale.
La sentenza e la condanna definitiva
Dopo una complessa serie di processi, Andrea Landolfi è stato inizialmente assolto in primo grado, per poi essere condannato in secondo grado a ventidue anni di carcere dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma il 21 dicembre 2022. La corte ha respinto la tesi della caduta accidentale, definendola “contraria alla logica, alle leggi della fisica e agli accertamenti medico-legali”. La sentenza descriveva come Landolfi avesse “afferrato Sestina e l’avesse lanciata”, senza poi fare nulla per salvarla, completando così “il suo disegno di morte”.
La condanna è stata confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione il 9 novembre 2023, sancendo la responsabilità penale di Landolfi per il femminicidio di Maria Sestina Arcuri.