È iniziato il primo ciclo di incontri dell’associazione L’innesto. Mission è la valorizzazione dell’antico mestiere di portatrice di limoni. L’incontro in piazza Europa a Cetara. Il racconto di Filomena Crescenzo.
Si è svolta presso l’Agorà degli artisti e dei poeti la presentazione della neonata associazione L’innesto, composta da più di 70 membri, esperti e appassionati della coltivazione dei limoni di Cetara. L’associazione, presieduta da Secondo Squizzato, è sorta con l’intento di proteggere e valorizzare l’antico mestiere delle portatrici di limoni. Donne che, tempi addietro, portavano in spalla la sporta, il carico del prezioso agrume. Presente anche il primo cittadino Fortunato Della Monica.

Se chiedeste oggi a una bambina qual è il lavoro più bello del mondo vi risponderà l’astronauta, l’influencer, la cuoca o la poliziotta. Affascinate fin dalla tenera età da storie come quella di Samantha Cristoforetti o Chiara Ferragni. E, perché no, da Canavacciuolo e Giulia Michelini. Figli di un villaggio globale, le nuove generazioni si affacciano al mondo con tutta quella serie di complessità che accompagnano l’individuo.

Ma se aveste fatto la stessa domanda più di sessant’anni fa la risposta sarebbe stata differente. Negli anni ’50, infatti, a Cetara, le portatrici cullavano sogni e speranze degli infanti. C’è chi, letteralmente, li portava nella cesta assieme ai limoni. Su e giù tra le colline, per portare a destinazione il prezioso carico. Mentre a Maiori e Minori erano gli uomini a preoccuparsi della sporta, a Cetara il lavoro era appannaggio del genere femminile. 

Chiedere a Filomena Crescenzo, che ha iniziato a lavorare trasportando uncini. Quattro anni più tardi è cambiata la materia prima – i limoni – ma non la mission. “Ho iniziato emulando l’attività di una donna che – orfana come me – trasportava uncini. Abbiamo iniziato così io e mia sorella Teresa“.

Poi il passaggio all’agrume simbolo della Costiera nel mondo: “Movimento terra con gli attrezzi del mestiere, copertura con i classici teli in pacciamatura che proteggono la vegetazione. Curavamo ogni aspetto“. La sporta – sacca che conteneva il prezioso carico di limoni – veniva riempita con il carico, che variava in base all’età. “Quando ero piccola pesava non più di una ventina di chili, poi man mano si passava fino a sessanta chili per viaggio“. Il pagamento avveniva in lire: “10 o 12 per tratta“.

Erano in cinque, sei persone al massimo. Il lavoro iniziava con le prime luci dell’alba: “Dove trovavamo un punto per dissetarci effettuavamo una sosta – aggiunge Filomena – e nel mentre si canticchiava qualche canzone alla moda“.

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