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Ravello. Frana a Castiglione, il CdS dà ragione a Comune e Anas e respinge il ricorso dei privati

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Ravello. I privati, proprietari di un costone sito a Castiglione, sovrastante la Statale 163 Amalfitana, avrebbero dovuto provvedere autonomamente alla manutenzione dello stesso in seguito all’evento franoso del 3 Marzo 2015. E’ quanto stabilito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato (Francesco Caringella, Presidente; Alberto Urso, Consigliere, Estensore; Marina Perrelli, Consigliere; Gianluca Rovelli, Consigliere; Annamaria Fasano, Consigliere), che ha respinto il ricorso presentato dagli stessi in primo grado.

I ricorrenti avevano, infatti, impugnato dinnanzi al Tar di Salerno l’ordinanza contingibile e urgente del 3 marzo 2015 con cui Palazzo Tolla aveva accertato la presenza di masse rocciose in equilibrio precario, nonché l’assenza per l’intero fronte di frana di una copertura metallica, e conseguentemente aveva ordinato ai ricorrenti di eseguire ad horas ogni lavoro e attività necessaria all’eliminazione delle cause di pericolo e il ripristino delle condizioni minime di sicurezza per la pubblica incolumità lungo la Statale 163 Amalfitana su cui il costone insiste.

Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza dell’Anas e nella contumacia del Comune di Ravello, respingeva il ricorso. Il giudice di primo grado aveva ritenuto, in sintesi, che i proprietari, ai sensi dell’articolo 31 comma 1 del Codice della Strada, avrebbero dovuto tenere le ripe di loro proprietà in buono stato, non risultando, dunque, pertinente il richiamo all’art. 30, comma 4, Cod. strada al fine di porre a carico dell’ente proprietario della strada i necessari interventi, trovando piuttosto applicazione il successivo art. 31, comma 1, che impone ai proprietari dei fondi laterali alle strade di conservare le ripe in buono stato al fine di impedire frane e scoscendimenti del terreno.

Le opere, secondo quanto evidenziato, non riguardavano, infatti, la strada, ma costoni ad essa sovrastanti. Contro la decisione del Tar, tuttavia, i privati avevano presentato ricorso al Consiglio di Stato.

I ricorrenti, in sintesi, avevano dedotto “il vizio d’incompetenza (essendo stata l’ordinanza adottata dall’assessore anziché dal sindaco) e la mancata (necessaria) trasmissione del provvedimento al prefetto; che il dovere di rimozione delle situazioni di pericolo sarebbe gravato non già in capo ai proprietari dei beni, bensì, ai sensi dell’art. 30 Cod. strada, sull’ente proprietario della strada“.

Inoltre, “l’amministrazione non avrebbe svolto alcuna adeguata indagine sulla dinamica degli eventi franosi occorsi, sulle relative cause, e in generale sull’effettiva situazione dei luoghi“.

Nello specifico, gli appellanti avevano indicato, come primo motivo di ricorso, l’omessa pronuncia sul vizio preliminare d’incompetenza sollevato in primo grado, essendo stata l’ordinanza sottoscritta da un assessore anziché dal sindaco. Motivo, quest’ultimo, giudicato non condivisibile dal Tar in quanto atti di questo tipo possono essere adottati, alla luce di quanto dispone il Tuel all’articolo 54 comma 8, anche da persone terze che ne possono assolvere le funzioni, quali consiglieri comunali, non emergendo evidenze contrarie.

Secondo motivo di ricorso era stato rappresentato dalla completa inutilizzabilità del costone da parte dei proprietari: anche quest’ultimo è stato rigettato dal Tribunale Amministrativo Regionale in quanto “va rilevato – si legge, ancora, nel dispositivo – che in relazione a un’area privata estranea alla sede stradale, senz’altro non competono all’ente gestore o proprietario gli oneri di manutenzione e pulizia“.

Terzo motivo presentato dai ricorrenti era stato quello del deficit istruttorio: questi avevano evidenziato che l’evento franoso fosse stato causato dallo sversamento di acque dalla strada comunale, nonchè dall’inefficienza delle opere di mitigazione esistenti”. Motivo, anche quest’ultimo giudicato non condivisibile dal Tribunale Amministrativo Regionale.

 

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