I limoni dell’orto di famiglia, il pane biscottato prodotto in casa, le alici ed il tonno della barchetta del nonno paterno, che l’ acquistò con i risparmi di una vita di lavoro nelle tonnare.
Non poteva avere un destino differente che quello della cucina la vita di Alfonso e Cristian Pappalardo, che nel giugno del 2019 scelsero di dar vita, nel cuore storico di Maiori, ala loro creatura, Casa Mandina.
La scelta del nome non fu casuale: il vicolo in cui il ristorante è ubicato, casa Mannini (una traversa di Corso Reginna, ndr), apparteneva, in realtà, alla famiglia nobiliare dei Mandina.
Un ritorno consapevole e sapientemente all’antico, alla tradizione, all’autentico, una sfida compiuta con la collaborazione fattiva della mamma Maria Cioffi, e dalla zia, anch’esse con la terra e l’agricoltura eroica nel dna.
Una discendenza, dunque, in cui ben si esprime la filosofia della volpe pescatrice: non poteva essere altrimenti, viste le origini, tali da influenzare sin dalla più tenera età la carriera dei due giovani titolari.
Un legame indissolubile, viscerale, quello con la cucina, cui i due fratelli erano instradati per natura.
Alfonso, il maggiore, classe 1991, si iscrive alle scuole superiori ad Amalfi, lavora al My Dream a Salerno insieme al prof. Carlo Ferrigno, durante il quarto anno di ragioneria, per poi proseguire il suo percorso di formazione all’Alma di Gualtiero Marchesi. Entra nel vivo, poi, del suo percorso professionale al Palazzo Avino negli anni della trasformazione da Palazzo Sasso con Pino Lavarra prima e Michele Deleo poi, mentre d’inverno si forma all’hotel Cristallo, un cinque stelle lusso di Cortina d’Ampezzo. Poi, stage nel tristellato Fat Duck a Bray, in Gran Bretagna e, infine, la sua ultima stagione estiva prima di iniziare un percorso autonomo al Palazzo Murat di Positano.
Cristian, più piccolo di cinque anni, classe 1996, seguendo in modo ancora più diretto le orme del fratello, sceglie di iscriversi direttamente all’Alberghiero, senza alcuna deviazione. Il dubbio di inserirsi nell’Arma, privandosi, però, dei propri sogni, non prese spazio: le sue prime esperienze furono perlopiù in locali della città costiera: la prima con il prof. Di Ruocco, al Villaggio degli Ulivi di Palinuro, a sedici anni, poi al San Pietro, come stagista nel 2015, da allora riconfermato per ben quattro anni. D’inverno, anche per lui esperienze all’estero, a Dublino, in Svizzera, in Francia; quest’ultima, in una pasticceria.
Dopo un breve ma intenso cursus honorum mettersi in proprio era una certezza. Meno, probabilmente, farlo a Maiori.
Nel Novembre del 2018 la svolta con l’accettazione della proposta di affitto dell’attuale locale, un fronte strada da cui si accede ad un ambiente interrato trasformato, poi, in un vero e proprio gioiellino, da parte del proprietario: con il piccolo particolare che sette giorni dopo Cristian sarebbe dovuto partire per un tristellato Michelin del Trentino Alto Adige, il celeberrimo “Rosa Alpina”. Una scelta di vita, la sua, ma anche – e soprattutto – di cuore.
Da lì, dunque, l’impatto non semplicissimo con il panorama locale: ancora nel 2019 non era articolato come oggi, legato ad un paradigma estremamente tradizionale. Uno schema da rompere: bando alla formula del ristorante-pizzeria, sì allo chef’s table per rendere l’ambiente più raccolto e l’atmosfera più “colloquiale”, perchè una cucina di territorio si esprime innanzitutto intavolando un dialogo continuo che passa non solo attraverso le parole ma anche – e soprattutto – attraverso i piatti in carta.
Una scelta semplice, in cui il numero perfetto non è il tre ma il quattro, come le stagioni in cui muta ed il numero di percorsi ideali previsti: due le proposte di mare, una vegetariana ed una di terra sia per gli antipasti che per i primi che per i secondi. Cinquecento, invece, le etichette della cantina che punta la sua attenzione sul territorio ma sta provando a guardare anche molto oltre. Proposte, queste, espresse da Cristian insieme al sous Pierpaolo Marciano, e ben raccontate da Angelo Abbondati, che gestisce la sala, insieme a Gianluca Capone e Fioretta Morra.
Il benvenuto, per tutti – così come i panificati, rigorosamente homemade – racchiude il percorso della storia di famiglia: cialda di riso al nero di seppia, con ricotta di Tramonti, alici salate di Cetara, concentrato di limoni biologici.
Tra i piatti signature di un autunno che ancora stenta a decollare ma ha già fatto mostra di sè nel paniere dei prodotti locali, ecco il polpo grigliato alla sua acqua con broccoli di rapa saltato al miele, aglio e peperoncino, zucca alla curcuma e lardo iberico.
Il primo piatto autunnale per eccellenza, invece, è il tortello ripieno di caprino, tartare di cernia, il suo fondo, finocchietto, arancia e guanciale.
Una cucina sicuramente corposa e goduriosa, ma mai stucchevole, che si concretizza anche in proposte classiche come il tagliolino con cacio, pepe e tartufo nero, oppure, il baccalà in tempura, e la pancia di maiale, e chutney di melanzane e fondo al mirtillo, che sa far aprire il sipario su dessert tra tradizione e innovazione.
E così, il classico e ben eseguito babà si accompagna ad ananas, sorbetto chiboust a limone e crema chantilly alla fava tonka, ma sa tornare super-classico se bagnato da un po’ di buon concerto tramontano: proprio come a casa.
Come prepararsi al nuovo anno: cinque oggetti da eliminare per un decluttering efficace. Così sarà…
Dopo il successo da bambina ne "Il Grinch", Taylor Momsen ha lasciato la recitazione per…
Il Natale a Tramonti entra nel vivo con due appuntamenti pensati per grandi e piccoli, capaci di…
Un segno zodiacale vivrà un Natale complesso, segnato da un distacco importante. Le stelle suggeriscono…
La calistenia conquista sempre più italiani grazie a esercizi a corpo libero, app digitali e…
Torna per la XVI edizione il Premio artistico-letterario "Città di Tramonti - Tagliafierro", dedicato alla memoria di Pietro Tagliafierro,…