Territorio

Pogerola. “Da Bruno alla Carcara”: stagionalità e creatività protagoniste del nuovo menù dello chef Saturnino Abbondati

In principio era “La Carcara”: erano gli anni ’80 quando a Pogerola Amedeo Verde, napoletano, trasferitosi nel borgo alto della città cuore della Divina, noto per essere un attore a livello amatoriale, decise di dar vita a una semplice trattoria con tavoli esclusivamente all’aperto, adiacente una storica struttura per la lavorazione della calce.

Una cucina semplice e senza fronzoli ne contraddistingueva la proposta: poi, con l’evolversi dei tempi – e della ristorazione – si sono susseguite ben quattro gestioni. Dal 2022, dopo il Covid, al timone ci sono Francesco (“Bruno” per gli amici) Abbondati da cui il nome del locale, e suo figlio Saturnino , che ne è chef e co-patron.

Entrambi non erano assolutamente nuovi al settore, ma mai avevano gestito un locale tutto proprio. Un sogno coronato, dunque, nella propria terra d’origine.

Ad Aprile sono due anni che abbiamo rilevato l’attività dalla vecchia gestione, rimodernandone la proposta – commenta il patron Francesco “Bruno” Abbondati – Una sfida, la nostra: avere un ristorante prettamente a base di pesce in collina è un qualcosa di poco comune“.

Tornando a Saturnino Abbondati, lo chef, la sua gavetta inizia ben presto: la prima esperienza è ad Amalfi, allo Smeraldino, in sala. Poi è in cucina, come commis. Si sposta un anno a Sorrento, al “Caruso”, dallo chef Antonio Cosentino. Poi torna dall’altro lato dei Lattari, troppo forte il richiamo di casa: è un anno al Panorama a Maiori, per poi lavorare per ben oltre un decennio alla trattoria “da Gemma”. E, ancora, al Lido Azzurro. Nel mezzo, un’esperienza nella capitale, alla Trattoria del Pesce. Ancora una volta ad Amalfi, alla Taverna del Duca, a Piazza Spirito Santo, di fronte la fontana di “cap’ è ciuccio”. E, infine, sempre da Gemma prima di assumere la guida della sua “Carcara”.

Creativo, versatile ma, al tempo stesso, fortemente orientato alla tradizione ed all’impiego di prodotti del paniere locale: così porta avanti la cucina, dando un sapiente sguardo, vista la sua conoscenza del mondo degli impasti, anche al vicino forno da cui si sfornano fragranti pizze. Con un imprinting tutto personale che dà valore aggiunto all’esperienza, che parte con l’antipasto “Da Bruno”, che varia in base alla disponibilità e alla stagionalità dei prodotti del mare. Per chi vuole osare in più, c’è anche il cruditè.

La voglia di innovare si ritrova nel nuovo menù primaverile, che segna l’inizio della nuova stagione turistica: tra i piatti che già iniziano a trasmettere l’aria della bella stagione in carta, certamente la linguina cacio, pepe e tartare di gamberi; il tubetto con totani, cipolla e crema di zucca, rigorosamente dell’orto di famiglia.

Pietanze stagionali che si affiancano a grandi classici, che vanno dagli evergreen della tradizione marinara, come gli spaghetti alle vongole, al mezzo pacchero alla carbonara ed all’amatriciana, iconici per i tanti stranieri alla ricerca dello status symbol italiano nel mondo. In cantina grande attenzione alle aziende del luogo, specie piccole – si pensi, ad esempio, ai Tagliafierro di Tramonti, ma si spazia anche in Campania e qualche salto lo si fa anche fuori regione. Tra i secondi, ampio spazio al pescato del giorno non senza qualche rivisitazione: è il caso del polpo in due cotture: fritto ed arrostito su crema di patate al limone.

Si può chiudere in dolcezza con la ricotta e pere rivisitata e la millechiacchiere (la classica millefoglie realizzata con le chiacchiere, la crema al fior di latte e le amarene).

Andrea Bignardi

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