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Sapori Unici Campani: lo Squisito Biscotto di Agerola

Foto by Pulcinella Pizzeria Facebook

Il biscotto di Agerola è uno dei mitici prodotti tipici della nostra Regione Campania, e la sua produzione nasce proprio sui monti della Costiera, a cui questa zona appartiene.

Il termine biscotto potrebbe far pensare ad un prodotto dolce, ma in realtà non è così.

Si tratta del cosiddetto biscotto di grano, disponibile anche nella versione granone e segale, un “pane biscottato” cioè preparato e cotto al forno e ripassato di nuovo al forno per renderlo croccante, di qui la parola “biscotto” che scorporandola diventa bis-cotto, cioè cotto due volte.

Biscotto di Agerola: le origini

Per quanto concerne le origini del biscotto di Agerola, o meglio l’origine della professione del biscottaio agerolese, esse sono da ricercarsi molto probabilmente nel fatto che, al tempo in cui Amalfi fu Repubblica marinara, ci si è dovuti inventare un prodotto simile al pane ma che durasse nel tempo, e che potesse nutrire i numerosi equipaggi che partivano ogni giorno per i viaggi commerciale verso i porti del Tirreno e del Mediterraneo.

La professione del biscottaio inoltre, aveva una sua funzionalità perchè permetteva di lasciare più tempo ai membri della famiglia per dedicarsi alle tante attività nei campi, nella stalla e nelle selve, visto che il prodotto si conservava nel tempo e quindi le necessità di panificare ogni volta si riducevano.

Biscotto di Agerola: la ricetta tradizionale

Il biscotto di Agerola, detto anche in dialetto vascuotto, è uno degli antichi prodotti di questa zona, la ricetta è stata inventata qui, e ancora oggi esistono realtà in cui essi vengono prodotti con le tecniche e gli ingredienti tradizionali; del resto al prodotto è stato assegnato il marchio De.CO.

Vediamo nel dettaglio la lavorazione del biscotto di Agerola.

I biscotti sono fatti di acqua, crescito (lievito madre, preferito al più sbrigativo lievito di birra), farina integrale e bianca (per il biscotto di grano) o farina di mais e frumento (per quelli di granone) – anche se in realtà il vero biscotto agerolese aggiunge anche la farina di segale.

Questi ingredienti semplici vengono impastati, e si formano dei filoni di 30-35 centimetri, praticandoci su dei tagli trasversali per facilitarne poi la spezzatura in fette dopo la prima cottura. Queste pagnotte allungate vengono fatte lievitare per oltre 3 ore.

Poi vengono cotte, e dopo si lasciano raffreddare e vengono spezzate in fette grandi; le fette di pane di così ottenute vengono poi messe nella biscottiera, un forno speciale per farle diventare “biscotti”, dove si lasciano per oltre 7 ore, anche 12 ore, e poi dopo, i biscotti così ottenuti vengono fatti raffreddare, ed infine imbustati per poter essere venduti.

Alcuni decenni fa ogni famiglia di Agerola aveva il suo forno personale e faceva i biscotti da sè.

Infatti produrre il pane biscottato permetteva di ridurre ad una o due volte al mese la frequenza della panificazioni, lasciando così più tempo per dedicarsi alla vita contadina e montanara.

Il crescito veniva condiviso tra le varie famiglie del vicinato: si andava da quella che aveva panificato per ultima, impegnandosi poi a tenere da parte un pezzo di lievito madre e a rinnovarlo ogni giorno fino a che non veniva richiesto da un altro vicino.

Biscotto di Agerola: come si consuma

I biscotti di grano hanno la forma di fettine di pane molto spesse consistenza croccante.

Per consumarli, in genere, devono essere bagnati per pochi secondi con acqua, altrimenti sono troppo duri.

Per gustarli al meglio li si può condire con olio d’oliva, origano (chi lo gradisce), sale e pomodori freschi o pomodorini, così da preparare la cosiddetta “caponata”, aggiungendo anche del tonno, ma c’è anche chi li condisce solo con olio extravergine d’oliva.

Dato che è comunque pane, spesso capita che vengano accompagnati dal “companatico” e quindi da salumi e formaggi locali.

C’è anche chi, come del resto si faceva una volta, “azzuppa” e cioè inzuppa il biscotto di Agerola nel latte per la prima colazione. Un sapore unico. Provare per credere.

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