Territorio

Atrani diventa un Museo Open Air: ecco le tre panchine d’artista. Masaniello e l’identità marinara protagonisti

Arte come aggregazione, rigenerazione urbana e soprattutto strumento per riannodare i fili della propria identità e della propria storia. Una storia da raccontare anche ai tanti visitatori che affollano il borgo durante tutto l’anno. Questo il filo conduttore che tiene assieme le installazioni, dislocate su tutto il territorio, del progetto Atrani Museo Open Air che vuole proporre un percorso di riscoperta non solo turistica dei luoghi attraverso il multiforme linguaggio dell’arte.

Sono tre le opere che vanno ad arricchire una collezione artistica in continua evoluzione, destinate certo a non passare inosservate. Si tratta delle tre panchine d’artista nate dall’estro e dalla sapienza artigiana del maestro ceramista vietrese Franco Raimondi, in pietra lavica dipinta a mano ed installate, grazie ai supporti di Giovanni Spada, in una posizione strategica: dallo slargo di Corso Vittorio Emanuele, chiamato dagli atranesi semplicemente “stradone”, si può godere di una prospettiva privilegiata per ammirare la bellezza senza tempo di Atrani.

Perché le panchine? Perché da sempre, specie nei paesi, rappresentano il punto di ritrovo di anziani, adulti e bambini; sono simbolo di convivialità e di una socialità ormai, nell’era dell’ipertecnologia, quasi perduta.

Le panchine

In un’ottica di promozione ed allo stesso tempo di rivalutazione del territorio, ciascuna seduta cattura dettagli caratteristici e rimandi all’antica storia del borgo più piccolo d’Italia. La prima fissa l’identità del borgo nella sua essenza profonda: il legame con il mare e con la pesca, racchiusi in simboli come le reti, il veliero, le iconiche arcate che abbracciano lo specchio d’acqua antistante.

Nella seconda invece si mescolano storia e leggenda, nella figura di Masaniello: piazza Mercato, luogo simbolo della rivolta antispagnola del 1647, viene presentata accanto alle Grotte del Monte Aureo che ancora portano il suo nome. La leggenda vuole, infatti, che proprio in questi anfratti, accanto alla casa di sua madre Antonia Gargano, abbia trovato rifugio per breve tempo il capopopolo napoletano prima di essere ucciso.

La terza ricorda la centralità del borgo durante i fasti della Repubblica Marinara di Amalfi. Su questa seduta viene infatti rievocata l’investitura del Duca d’Amalfi, che avveniva nella Chiesa di San Salvatore de’ Birecto. Attraverso un’immagine che sicuramente non sarà passata inosservata ai piú.

“Nella figura centrale del Doge” spiega Rino Mangieri, direttore artistico del progetto “abbiamo voluto omaggiare Alfredo D’Amato, storico volto del Doge nelle rievocazioni storiche del Capodanno Bizantino, scomparso di recente.

Il nostro progetto prevede l’installazione di ulteriori panchine artistiche, sempre con l’obiettivo di sperimentare forme nuove di interazione tra memoria e identità dei luoghi, usando i linguaggi dell’arte per raccontare allo spettatore che si imbatte nelle installazioni, sia esso un ospite o un residente, la storia e l’anima del borgo.”

“Il progetto Museo all’aperto” gli fa eco il Sindaco, Luciano de Rosa Laderchi “continuerà ad impegnare l’Amministrazione per arricchire Atrani di nuova bellezza: altre opere troveranno a breve un luogo da raccontare attraverso l’arte, tra le vie e gli slarghi e le scalinate che hanno ispirato anche i labirinti onirici di Escher.”

Andrea Bignardi

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