La mafia ha cambiato volto: se si sono ridotti i “delitti illustri” è, però, cresciuta la sua incidenza nelle pubbliche amministrazioni. E, proprio a tal proposito, occorre proseguire in una grande opera di prevenzione, che parta dalle giovani generazioni. E’ il messaggio lanciato da Annamaria Torre, figlia del sindaco di Pagani Marcello, barbaramente ucciso dalla camorra l’11 Dicembre del 1980, e che ha ben incarnato le finalità dell’iniziativa “Legalizziamo la Legalità” organizzata dal Forum dei Giovani e svoltasi presso il Salone Morelli del locale Palazzo di Città.
Protagonisti dell’incontro i ragazzi dell’Istituto “Marini-Gioia” di Amalfi, che hanno potuto assistere ad un dialogo tra Annamaria Torre e don Aniello Manganiello, parroco di frontiera che ha fatto della cultura della legalità la sua più profonda ragione di vita. Un’azione sinergica, quella delle varie “agenzie educative”, necessaria in tutto il Sud, contesto in cui la mafia ha tentato il salto di qualità, avvicinandosi non solo al mondo dell’imprenditoria ma anche a quello delle istituzioni.
Una giornata importante, quella vissuta oggi ad Amalfi, per rimarcare la necessità di combattere la diffusione dell’illegalità tra le giovani generazioni, prevenendo, dunque, il dilagare di fenomeni che tanto si cerca di combattere sul territorio. Spesso, i media non sempre svolgono in modo corretto il proprio ruolo: si pensi ai tanti messaggi che hanno strizzato l’occhio alla criminalità, o anche a produzioni che hanno visto protagoniste le storie del mondo del crimine…
“Il periodo del Covid ha fatto sì che tutti noi rimanessimo più rintanati in casa, usando, nel bene e nel male, gli strumenti informatici. Non combattiamo l’illegalità ma cerchiamo di smuovere le coscienze. Sono le Forze dell’Ordine e la magistratura i primi preposti. Noi possiamo educare e dare segnali di speranza”.
Se però non si crea quel giusto retroterra culturale non si potrà dare vita ad una vera azione di contrasto dell’illegalità..
“Bisogna avere il coraggio di denunciare: ho paura quando si dice che sul nostro territorio le mafie non ci sono. E’ un qualcosa che ho sentito dire tante volte. Oggi non si spara più come un tempo, non si fanno delitti eccellenti – finalmente – ma troviamo le mafie al potere di certe amministrazioni. Basta dare uno sguardo all’ampia casistica e vedere i tanti comuni sciolti”.
La mafia si annida nella politica?
“Non mi piace etichettare tutti: c’è politica e politica. Ci sono però politici che sono facilmente corruttibili”.
Suo padre, vittima della criminalità organizzata che aveva da sempre combattuto, era un esponente della Dc, il partito politico per antonomasia della prima repubblica. Visse con difficoltà la presenza di situazioni potenzialmente oscure, che poi emersero, all’interno della grande forza di centro che fu il perno della prima fase della nostra storia repubblicana?
“La Dc è stata tanto altro: ha sempre combattuto la criminalità, si pensi all’esempio di Aldo Moro e a quello di Piersanti Mattarella. Ma anche al messaggio di Don Luigi Sturzo. Quando divenne sindaco, però, era un indipendente”.