Si è chiusa con una sentenza definitiva della Corte di Cassazione una lunga controversia giudiziaria tra il Comune di Amalfi e gli eredi degli ex gestori di una storica struttura ricettiva cittadina. Al centro della vicenda, durata decenni, la restituzione dei mobili custoditi all’interno di un immobile di proprietà comunale, originariamente convento e poi trasformato in albergo.
La sentenza, depositata nei giorni scorsi, ha respinto il ricorso degli eredi, confermando quanto già stabilito nei precedenti gradi di giudizio: i beni devono essere riconsegnati al Comune, poiché ritenuti parte integrante dell’affitto originario e appartenenti al patrimonio comunale.
La vicenda ha origini lontane. Nel 1928, il Comune di Amalfi concesse in locazione un complesso immobiliare, un tempo sede conventuale, per l’utilizzo a fini alberghieri. Il contratto scadde nel 1984, ma gli affittuari rimasero nell’edificio fino al 2002, anno in cui venne eseguito lo sfratto. A tutela dei beni rimasti all’interno, il Comune ottenne un sequestro cautelativo, temendo possibili sottrazioni.
Nel 2014, il Tribunale di Salerno aveva già riconosciuto all’amministrazione comunale il diritto alla restituzione dei mobili, in quanto ritenuti di sua proprietà. Gli eredi avevano contestato tale ricostruzione, sostenendo l’assenza di prove e l’indeterminatezza degli oggetti.
Ma sia la Corte d’Appello che la Cassazione hanno ritenuto fondate le tesi del Comune, basandosi su tre elementi chiave: l’inventario del 1905 redatto dal Comune stesso, il ritrovamento fisico dei beni all’interno dell’edificio al momento dello sfratto, e soprattutto la natura specifica degli oggetti, molti dei quali di carattere religioso e ritenuti incompatibili con un uso strettamente ricettivo. Secondo i giudici, tali caratteristiche rafforzano la tesi della loro appartenenza originaria al patrimonio comunale.
«La Corte ha sottolineato che si trattava di una richiesta di restituzione al termine di un contratto di locazione e non di una controversia sulla proprietà», si legge nella motivazione. Tutte le ulteriori obiezioni, comprese quelle relative a perizie tecniche e legittimazione delle parti, sono state dichiarate infondate.